La recente tendenza a usare luoghi con tradizioni antiche e storiche come «contenitori» e mostre d’arte contemporanea, ha suggerito alla dott.ssa Elisabeth Sarah Gluckstein, di far montare nel parco archeologico di Cuma la mostra Cuma 4000 Il mito della dimora per raccogliere ed esporre sculture e architetture del Novecento.
Le maggiori difficoltà nel progettare tale allestimento sono derivate dalla particolare e impervia orografia del sito, che rendeva difficile il trasporto e il montaggio di alcune opere di grandi dimensioni, e dalla mancanza di energia elettrica in alcune zone, con conseguenti difficili soluzioni nel sistema di illuminazione. A queste problematiche di ordine tecnico si sono aggiunte tutte quelle di ordine burocratico-amministrativo connesse alla salvaguardia delle sussistenze archeologiche e alla collocazione di opere contemporanee realizzate in materiale eterogeneo e talvolta anche particolarmente delicato. Molte le sculture di grandi dimensioni e peso da collocare lungo il percorso: Porta d’Europa di F. Somaini, in vetroresina; Stele dello stesso autore e dello stesso materiale; Figura maschile di C. Nivola, in travertino. Tra le opere più piccole ricordiamo le aste in metallo di E. Colla e le sculture in cartapesta di G. Castagnoli. Per la natura stessa delle opere da esporre si è dovuto costruire in sito alcune sculture e architetture tra cui: La stanza scura di Poirier e Il cono di C. Varotsos, un enorme cono in acciaio e vetro poggiato sull’apice collocato nella cripta romana.
La struttura espositiva è risultata poco invasiva e idonea a una duplice lettura delle opere d’arte: evocativa e concettuale. La stessa duplice lettura è offerta dalla collocazione delle sculture nei posti più significativi del parco, ora all’aperto ora al chiuso, ma che sempre fondono passato e presente, sì da provocare sensazioni emozionanti e suggestive. Con gli stessi presupposti vengono collocati: nella cripta romana su un letto di sabbia La ruota Helios di Mondazzi; nel grottone d’ingresso la Spirale sempre di Mondazzi; sulla scala di Apollo, nella parte superiore dell’acropoli, il rivestimento di cento gradini, con tegole smaltate di rame, opera di M. Bagnoli, a costituire un serpente di riflessi evocante i miti antichi; la scultura in bronzo di Yasuda sulla scala del Tempio dei Giganti e un’altra dello stesso autore nel viale verso la cripta. Molte altre sculture di autori diversi sono poste nell’antro della Sibilla, tra cui: Grosse Figur, in pietra di calce, di Fritz Wotruba; Magna Mater, in puro marmo bianco, di C. Nivola; Alabastro, in marmo, di E. Chillida; Penelope, in ferro e ottone, di F. Melotti; sculture di cartapesta senza titolo di G. Castagnoli e di E. Colla. A completare la scenografia artistica sono state collocate sulla spiaggia quattordici vele – ideate da Detlev Meyer Voggenreiter – con pali e cavi di acciaio. Le vele mirano a simboleggiare la speranza che naviga verso nuovi orizzonti, verso le dimensioni spaziali, temporali e umane dei futuri millenni, ma anche la speranza dei primi coloni greci che attendevano il ritorno delle navi dalla madrepatria.
«Ma forse l’elemento di maggiore innovazione di tutto l’insieme per Cuma 4000 (sculture, installazioni architettoniche, eventi collaterali) è nell’accostamento salutarmente provocatorio tra patrimonio archeologico e spirito artistico e culturale del Novecento. A questo proposito non è inutile ricordare che si è parlato di trasmissione in pietra del concetto di astrazione, propria nella storia del Novecento.»
fonte www.artecontemporanea.it