Dunque: la Nazionale del pallone è fuori dai mondiali in Russia. Embè? E’ lutto nazionale, tragedia, processi alla sventura di Ventura, rifiuto duro del tifoso-medio: insomma tarantella italiana…
Eppure, Astolfo ha riguardato all’indietro, tra i Mondiali di ieri, ed ha visto come finirono le precedenti imprese pallonare italiane. Ci si astenne nel ’30 (brutta la figura!); gloria nel ’34 e ’38 – 2 volte campioni, tutto oro per il duce -; nel ’50 eliminati dalla Svezia (!); nel ’54 si va ai quarti nonostante il 4-1 che ci infligge la Svizzera; del ’58 sappiamo: ci elimina l’Irlanda del Nord nello spareggio: 2-1, ma ci consoliamo col miracolo economico in corso; nel ’62 finisce a mazzate col Cile che ci elimina (2-0); nel ’66, in England, ad umiliare l’Italia è l’ignoto dentista nordcoreano Pak Doo Ik, che trafigge Albertosi (1-0); quattro anni dopo, in Messico, si va in finale contro il Brasile di Pelé e si perde 4-1. Ma è la semifinale con la Germania, col famoso 4-3, che ci dà lustro. Poesia poca, leggenda tanta: la partita del secolo, l’allegoria del calcio ai tempi dell’Apollo, dell’umiliazione americana in Vietnam, delle inquietudini post ’68. Tutto quello che volete, e che è stato scritto, filmato, teatralizzato…banalizzato, persino. Una grande Italia, lo stesso Paese in cui alle proteste di piazza si inizia a rispondere con le stragi e la “strategia della tensione” (piazza Fontana, 12 dicembre ’69), la sfida allo Stato da neofascismo e, più tardi, gruppi e gruppetti dell’estrema sinistra. Se si esclude la bella, corale, quasi istituzionale impresa del 1982 in Spagna – campioni dopo un memorabile 3-1 ai Tedeschi sotto la pipa di Pertini-, in quasi tutti gli altri appuntamenti mondiali siamo usciti o con onore: ’78, in Argentina; ’86, in Messico; ’90, da noi; ’94, negli Usa; ’98, in Francia, 2006, astuti Campioni in Germania; oppure col più disarmante disonore: ’74, in Germania; 2002, in Oriente; 2010, in Sudafrica e, peggio, 2014, in Brasile, fermati alla fase a gironi. Sia detto per le grida scomposte e … fuori luogo dopo l’eliminazione con la pallida Svezia, vichinga, non certo maestra nell’arte pedatoria. A meno che non si voglia pensare e piangere sugli immensi giri di denaro intorno al Dio pallone e all’immobile Universo gerarchico –Tavecchio, quanto sei vecchio!- che lo regge e ne fa rappresentazione del Divino/Eterno sulla Terra!
Fuori tempo e contro, ahimè, la sensibilità diffusa sul fenomeno/calcio, Astolfo consiglia di ragionare sul calcio, straordinario momento dello sport, in modi nuovi: avvicinandosi alla sua epicità moderna, alla libertà che crea col superamento della trappola spazio-tempo che la Storia impone. Qui, infatti, anche i poveri possono essere grandi! Avvicinarsi alla conoscenza di altri, più profondi e più umani discorsi. Oltre il tifo, o dentro di esso con nuovi occhi, lo sguardo aperto alla leggerezza del gioco e della sua coralità di prova di squadra, la potenziale affermazione di qualunque gruppo, non per forza il più ricco! Come diceva O.Soriano, scrittore sudamericano che masticava calcio e miserie del suo Continente (Fútbol. Storie di calcio; Pensare con i piedi).
Senz’armi e potere, aggiunge E.Galeano, altro amante del gioco più bello del mondo (Splendori e miserie del gioco del calcio). Si può iniziare dai libri di G.Brera (Il più bel gioco del mondo; Storia critica del calcio italiano, fra i tanti), di Mangusta Zap, il figlio filosofo di Pesaola (Platone e la legge del pallone. Lezioni di filosofia per tipi in gamba), di D.Giancristiano (Socrate in campo. Saggio sul gioco della vita), di J.Marìas (Selvaggi e sentimentali-Parole di calcio)…poi, ancora: F.Acitelli (La solitudine dell’ala destra), il grande S.Benni (Bar Sport; La Compagnia dei Celestini), A.Garlini(Fútbol bailado), V.Piccioni(Quando giocava Pasolini.Calci, corse, parole di un poeta), J.Valdano(Il sogno di Futbolandia), e poi tutti i libri di D.Pastorin, del grande G.Arpino, del fine lettore di Dante V.Sermonti, di A.Bellos, dell’insospettabile N.Dalla Chiesa, di V.Marchi …e, ancora, del duo A.Papa-G.Panico, di C.Petrini, autore e pioniere di altri modi di vedere il rapporto uomo-agricoltura-Natura, e di tanti tanti altri, scrittori, giornalisti con la schiena dritta, poeti, a cominciare da P.P.Pasolini, intenditore e praticante del pallone visto come antidoto alla omologazione culturale dell’ultimo cinquantennio che denunciava inascoltato.
Insomma: nessun discorso da snob che detesta il calcio e lo segue conformisticamente solo nelle occasioni “patriottiche”. Tutt’altro: la consapevolezza della sua popolarità oggi seppellita dalle trasformazioni economiche ed antropologiche dell’attuale fase storica. Astolfo stavolta non ha dato tutti i titoli pubblicati, solo per non “allungare il brodo”; lo farà fornendo a chi glieli chiederà i dettagli dei libri di ogni autore citato. Su questo tema, lo sa lui ma anche voi, l’oscuro avvolge la ragione… ed hai voglia a risalire nelle valli della luna alla ricerca di zucche… salate! Pure Astolfo si arrende, se anche il tifoso più ragionevole si scatena e vomita insulti all’arbitro, agli avversari, alle città nemiche, al Potere misterioso che manovra per annientare la bellezza della propria squadra…
astolfosullaluna@libero.it