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“La nostra isola su terraferma” tra la tassa di sbarco a Procida e l’addio ai trasporti pubblici

teseo-laziomarL’estate appena terminata ha visto il paradosso di una Monte di Procida sempre più isolata sul versante terrestre e collegata come non mai, invece, alle isole, in specie a Procida. Non vorrei abusare della felice espressione coniata dal professor Giovanni Pugliese, la «nostra isola su terraferma», ma la definizione mi sembra quanto mai appropriata: visto quanto sta accadendo, sembra quasi che il destino di Monte di Procida sia quello di isolarsi dai Campi Flegrei, e di ricongiungersi a Procida… Ma l’isola non ci accoglie certo a braccia aperte.

Quanti si sono accorti che assieme al biglietto del traghetto per Procida si paga una tassa di sbarco
di 1,50 euro, che va nelle casse del comune di Procida?

Alcuni anni fa, il governo Monti (il peggiore dell’Italia repubblicana, nell’opinione di chi scrive) diede facoltà – facoltà, non obbligo – alle isole minori di istituire una tassa di sbarco per chi, non residente sull’isola, sbarcasse dal continente. Una gabella medioevale, nient’altro, pure in contrasto con la Costituzione e col principio di libera circolazione entro i confini italiani e all’interno della comunità europea. Come il pedaggio di un fiorino imposto agli increduli Massimo Troisi e Roberto Benigni nel film «Non ci resta che piangere».

Procida, allora amministrata da una giunta di centro-destra, ne approfittò. L’opposizione di sinistra tuonò contro il provvedimento, poi quando ha vinto le successive elezioni ha ratificato e fatta sua la tassa.

Un paio di anni fa fu istituito, per appena tre mesi, un collegamento tra Acquamorta e Procida, da parte della soc. Medmar, che doveva servire tra l’altro a portare al Nautico di Procida 17 giovani studenti montesi che avevano ceduto alle lusinghe della scuola e dell’amministrazione comunale procidana. Già in quella occasione il comune di Procida fece brutta figura in quanto non si fece scrupoli a riscuotere, da quei 17 ragazzi che aveva sollecitato e lusingato, la tassa di sbarco di 1,50 euro, ogni mattina, assieme al biglietto.

Quest’anno il collegamento è stato ripristinato dalla Laziomar, e si rimane stupiti dalla faccia tosta e dalla spudoratezza con cui il sindaco di Procida, intervistato da questo sito (http://www.montediprocida.com/wp/2016/03/traghetto-acquamorta- procida-interviste-ai-sindaci-peppe-pugliese-e-dino-ambrosino-video/) declamava i benefici della nuova linea per le due comunità.

Benefici? Per Procida sicuramente, finanziari, vista la tassa di 1,50 euro che ogni montese (come ogni altro passeggero dalla terraferma) ha versato sbarcando sull’isola, dove comunque ha apportato benessere comprando lingue, pesci, consumando gelati e pranzi (a proposito, da quest’anno il governo Renzi, con la sua maestria a dissimulare le cose, ha cambiato nome alla tassa, che è diventata «contributo di sbarco», pur se la sostanza è la stessa).

Siccome il traghetto Teseo trasporta le auto, il molo di Acquamorta è diventato il punto di imbarco e sbarco per i veicoli procidani che a prezzi stracciati (privilegio riservato ai residenti sull’isola) compiono la traversata. Se uno di noi va fuori al molo con la macchina viene giustamente multato dai vigili, ma le macchine destinate all’imbarco o che sbarcano hanno diritto di circolarvi.

In più abbiamo avuto come corollario una serie di assurdi divieti, come quello di circolare a piedi sulla banchina o di accedere alle scogliere. Persino se qualche barchetta montese prova a ormeggiarsi alla banchina commerciale, essa viene multata dai vigili: peccato che invece le grosse barche a vela delle società di charter procidane vengano alla banchina di Acquamorta a imbarcare e sbarcare gli ospiti, caricare le provviste, ecc., senza che nessuno gli dica niente. Tanto più se teniamo presente, in tema di reciprocità, che appena una barca da diporto entra nel porto di Procida, viene subito abbordata dagli ormeggiatori/gabellieri che riscuotono un pedaggio di 10 euro all’ora per la sosta sull’isola, una sorta di “forfait” della tassa di sbarco.

Non solo: il «compagno» De Gregorio, posto da De Luca a capo dell’EAV, ha istituito una navetta che dal porto di Acquamorta potesse trasportare i passeggeri del Teseo alla stazione di Torregaveta. Peccato che l’autobus adibito a questo servizio veniva distolto dalla normale linea tra Monte di Procida e Torregaveta, così mentre esso sostava sulla banchina ad attendere qualche improbabile viaggiatore in arrivo via mare, qualcuno a Monte di Procida o a Torregaveta si ritrovava ad aspettare anche un’ora prima che il mezzo si rifacesse vivo.

Insomma, abbiamo consegnato Acquamorta a Procida, in cambio di una tassa di sbarco a nostro carico. Il rapporto tra le due comunità è decisamente sbilanciato, asimmetrico, ed è lungi dall’assicurare quella crescita a entrambe le parti che sempre hanno creato i traffici marittimi.

Ricordiamo infine che la Laziomar è venuta non per fare un piacere a noi, ma per regolare i conti con un’altra società di navigazione.

E veniamo al fronte terrestre del problema, quello più grave: mentre avevamo appena celebrato i due anni del semaforo sulla discesa per Torregaveta, siamo stati gratificati da una seconda frana, stavolta ben più seria. Due anni fa cedette il muro, stavolta è stata tutta la strada a venir giù. Per due anni non è stato fatto nulla per riparare i danni, persino quel palo della luce è rimasto lì pericolosamente inclinato. Eppure mi sarei aspettato che qualche politico montese, a qualunque livello, si fosse andato a incatenare a quel palo, per reclamare l’attenzione della provincia o di qualunque altro organo.

Appena ci fu la prima frana, due anni fa, il primo provvedimento fu quello di sospendere (o di sopprimere?) la linea di autobus da Monte di Procida per Napoli e per la zona ospedaliera (quest’ultima importantissima). Il capolinea fu attestato a Torregaveta. Forse  all’amministrazione Iannuzzi, che tanto aveva avversato il trasporto pubblico, non sembrava vero di cogliere al volo l’occasione per liberarsi del problema. O forse fu l’EAV a prendere l’occasione di liberarsi di Monte di Procida, dove qualche passato amministratore aveva creato un clima di antagonismo e di contrapposizione, ponendo vari ostacoli contro il servizio autoviario. Fatto sta che finora non ci è dato sapere se la limitazione del servizio a Torregaveta fu una decisione dell’EAV o del comune di Monte di Procida. Anche perché qualche zelante osservatore delle materie giuridiche avrebbe potuto ravvisarvi il reato di interruzione di pubblico servizio. Se il colpevole fosse stato l’EAV, altrettanto colpevole sarebbe stato il comune per non essersi opposto.

I pullman salivano a Monte di Procida per la via Panoramica: come vi salivano potevano pure scendere di là. Invece si è scelto, per non tagliare fuori mille abitanti a Torregaveta, già serviti dalla ferrovia Cumana, di isolarne diecimila a Monte di Procida!

Da poco il nostro comune ha chiesto all’EAV di intensificare i collegamenti con la stazione di Torregaveta passando per viale Olimpico. Non si discute la buona fede della richiesta, ma qui si vede tutta l’ingenuità e l’inesperienza dei nostri amministratori. Per andare a Torregaveta in autobus passando per viale Olimpico ci vuole un’ora, a causa del traffico. Un’ora all’andata e un’ora al ritorno, sulle spalle dei nostri studenti e lavoratori, per ritrovarsi quasi al punto di partenza. Invece in un’ora, proseguendo per Bacoli anziché svoltando verso Cappella, un pullman arriverebbe a Napoli! Da qui la considerazione che sarebbe stato più saggio chiedere all’EAV e alla Regione, magari sbattendo i pugni sul tavolo, che fosse ripristinato quel che ci spetta.

Adesso veniamo a sapere che l’EAV avrebbe concesso appena 4 corse da Monte di Procida e 3 da Napoli, con capolinea al comune, percorrendo via Panoramica e anche viale Olimpico, tanto per prendere un po’ di traffico. Credo che la comunità montese non sia mai stata tanto umiliata come in questa occasione.

Mentre la vicina Bacoli è servita in guanti bianchi dalle aziende di trasporto pubblico, noi dobbiamo elemosinare anche i servizi minimi.

Non si tratta di campanilismo, ma di prendere atto della realtà. E’ pur vero che Bacoli e Monte di Procida sono due realtà diverse: Bacoli è un comune rurale con una popolazione sparsa su un vasto territorio, dove alcune frazioni, come il Fusaro, contano più abitanti del capoluogo, e perciò ha l’esigenza di legare tra loro tutte le sparse frazioni; Monte di Procida, invece, con la sua alta densità su un piccolo territorio ha più le caratteristiche e le esigenze, in tema di trasporto pubblico, di un piccolo centro urbano, anche se l’orografia del territorio e la presenza di abitati a monte e a valle richiedono pure essi un servizio specifico.

Ricordiamo che i nostri padri hanno lottato, negli anni cinquanta, per avere un collegamento diretto con Napoli, che fu istituito dalla ditta Schiano alla quale poi subentrò la Sepsa. Noi siamo stati capaci in due anni di distruggere e di rinunciare a quanto era stato ottenuto.

Le vicende della tassa di sbarco a Procida, della mancata riparazione, finora, della discesa per Torregaveta, e della gentile concessione di quattro corse di autobus dal paese, dimostrano che Monte di Procida è il parente povero dei Campi Flegrei.

Ciò che per gli altri è un diritto, per Monte di Procida è una concessione: il nostro paese non merita di essere trattato così.

Admeto Verde

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