Degrado e abbandono per il complesso termale sulle sponde del lago Fusaro: le Grotte dell’Acqua, che costituiscono un impianto di epoca imperiale, rischiano di cedere per le fatiscenti condizioni in cui versano. Nessuna manutenzione infatti è riservata al calidarium inglobato in strutture di età borbonica; con una sorgente geotermica adoperata per uso terapeutico fino agli inizi del secolo scorso, il sito è stato escluso dai progetti di restauro e dai percorsi storico-culturali. Non compare infatti nei piani di recupero della Regione delineati con il Pit Grande attrattore culturale e dei 213 milioni di fondi Por, nulla è stato destinato alla ristrutturazione dell’impianto termale. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: le Grotte dell’Acqua sono invase da erbacce e rifiuti di vario genere mentre una decrepita impalcatura metallica le sorregge. A rischio crollo dunque sembrano le due vasche rettangolari sulla sponda nord-est del lago Fusaro, utilizzate inizialmente per trasportare le acque termali nelle dimore patrizie e poi diventate centri geotermici. Il calidarium, un gioiellino dell’architettura imperiale con pareti intonacate di bianco, terracotta e lastrine di marmi policromi, sfruttava in epoca romana le fonti termali; rivalutato nel diciottesimo secolo diventò un rinomato complesso fino al 1940. E le vasche, con la sorgente a una temperatura di 38 gradi, costituiscono dei reperti archeologici di grosso prestigio, che rientravano peraltro nell’area termale di Baia denominata dagli antichi «pusilla Roma». Il presente tuttavia è ben diverso. Ora le Grotte sono l’esempio eclatante di una gestione opinabile dei siti archeologici e in taluni casi appunto di abbandono. La denuncia parte dai comitati civici locali, che si attivano periodicamente per pulire il sito al fine di sensibilizzare le istituzioni alla custodia. «Ma nonostante le nostre richieste nulla è stato fatto per migliorare lo stato del complesso geotermico – affermano il Coordinamento delle Periferie e Freebacoli – La struttura, riqualificata in età borbonica versa in un degrado senza pari, a causa dalla mancata messa in sicurezza dell’area e dall’assenza di una riqualificazione ordinaria». A queste problematiche va ad aggiungersi la locazione del sito archeologico – suddiviso in due parti dopo la costruzione di via Cuma – sul bacino salmastro del Fusaro. Altre emergenze da segnalare riguardano i colombari che affacciano sul lago Miseno, tra Bacoli e Miliscola: le strutture, che accoglievano le urne cinerarie lungo il percorso funerario da Capo Miseno a Cuma, sono ricoperte di erbacce; incastonate in un terrapieno, con le piogge battenti sono spesso investite da cedimenti di detriti. E il crollo potrebbe essere un rischio imminente. Infine i due casi forse più eclatanti. La tomba di Agrippina, in località Marina Grande, un teatro sbarrato ai turisti ormai da anni, perché manca un piano di restauro. Le Cento camerelle sono chiuse da quattro anni per via di un crollo nella volta: la mancanza di interventi di ristrutturazione – per i quali non sono disponibili fondi – rende infatti il sito archeologico inibito. Esisterebbe un serio rischio cedimento, infatti, a causa di alcune importanti infiltrazioni di acqua registrate negli ultimi anni.
fonte IL MATTINO PATRIZIA CAPUANO