Il Sacello degli Augustali di Miseno era destinato al culto dell’imperatore, al cui mantenimento era preposto, appunto, il collegium degli Augustales, di cui l’edificio era anche sede. Coloro che rivestivano questo ruolo erano in linea di massima liberti, cioè schiavi liberati, i quali solitamente erano riusciti ad accumulare enormi ricchezze. Ad essi non era concessa che questa carica nella carriera politica cui potevano accedere i nati liberi. Il tempi, nella prima età imperiale, ci è giunto nella forma che assunse, in seguito ad opere di restauro e abbellimento, in età antonina (metà del II secolo d.C.). Verso la fine del II secolo, forse in seguito ad eventi sismici, l’edificio fu distrutto.L’edificio è formato da un ambiente centrale e due laterali che si aprono su un cortile porticato. Il complesso ha restituito statue di alcuni imperatori (Vespasiano, Tito e Nerva) e di divinità (Asclepio, Apollo e Venere). Nel cortile sono state rinvenute le basi inscritte di numerose statue. Nel frontone dell’ambiente centrale vi era una raffigurazione che è chiara espressione della volontà di autocelebrazione e dell’esigenza di riscatto sociale dei liberti: due Vittorie che sorreggono una corona di quercia, all’interno della quale sono due busti ritratto raffiguranti il sacerdote augustale L. Lecanio Primitivo e la moglie, ai quali si deve il restauro del tempio. Agli angoli del frontone erano raffigurati una prua di nave e un delfino, allusione alle attività marine, fonte principale di guadagno di molti liberti. I materiali suddetti sono oggi conservati nel Castello di Baia. Dei resti della struttura restano in sito solo le murature dei tre vani, invasi dalle acque come l’antistante cortile, dove oggi sguazzano simpatiche anatre
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