Nell’agosto 1946 una goletta carica di sopravvissuti all’Olocausto salpò dal porto di Bacoli, vicino a Napoli, e riuscì a raggiungere la Palestina nonostante il blocco inglese. Ora uno storico sta cercando di ricostruire quel viaggio. E si rivolge a chiunque, in Italia, abbia ricordi o notizie.L’Idéros è stato uno dei pochissini vascelli clandestini che hanno aggirato la Royal Navy. Una pagina poco nota di storia, nella quale hanno avuto un ruolo fondamentale gli abitanti del golfo di Pozzuoli
(05 ottobre 2010)
Proprio facendo ricerche su quest’ultimo fenomeno si è imbattuto nella storia dell’Idéros, una goletta francese che tra il 5 e 6 agosto 1946 salpò dal porto di Bacoli, vicino Napoli, alla volta della Palestina con a bordo 183 persone sopravvissute ai campi di concentramento nazisti.
A quell’epoca la marina britannica impediva di attraccare in quello che sarebbe stato il futuro Stato di Israele e non esitava ad affondare le navi ed ad eliminare gli equipaggi. L’Idéros ce la fece e riuscì ad Jonathan Kinarti, comandante in seconda dell’Idéros
arrivare a destinazione: una pagina di storia poco conosciuta che Alain Ilan Braun sta cercando di riportare alla luce in tutti i dettagli.
Nell’intervista che segue spiega presupposti e obiettivi della sua indagine storica. Non ultimo quello di ritrovare, attraverso la pubblicazione sul sito Internet de “L’espresso”, alcuni testimoni italiani che lo aiutino a ricomporre qualche tassello del mosaico che va costruendo. Se qualcuno volesse mettersi in contatto con lui, il suo indirizzo email è: ilanbraun@free.fr
Alain Ilan Braun, per quali motivi ha deciso di consacrare tanto tempo a queste ricerche? Ha, per esempio, dei legami familiari con qualcuno dei sopravvissuti?
“In realtà si tratta di convergenze assai curiose. Negli anni 1970, sono stato nel kibbutz Sdot Yam, dove sono sbarcati i 183 sopravvissuti della Shoah salvati dall’Idéros. Ho legato con due persone in particolare: una parigina rimasta nascosta durante tutta l’Occupazione con il suo giovane figlio, che alla liberazione ha deciso di partire per la Palestina. Si sono imbarcati su una di queste navi “illegali” che fu catturata dalla marina britannica: furono poi portati a Cipro. Rimasi colpito dalla loro storia ma non osai fare troppe domande. Molti anni dopo, fui contattato da un marinaio bretone in pensione che voleva ricostruire la storia di una nave francese che aveva trasportato sopravvissuti della Shoah, perché suo padre aveva partecipato personalmente a questa odissea. Ho accettato la sfida e da quel momento restituire un nome e una faccia a queste vittime della storia cadute nell’oblio e cercare così di onorare la loro memoria è diventata una vera ossessione.” Come procede? Quanto tempo dedica a questo lavoro?
“Sono partito da documenti ufficiali in possesso del marinaio bretone : ruolo dell’equipaggio dell’Idéros, registro degli scali, poi ho trovato le copie di messaggi radio tra la nave e i responsabili dell’immigrazione ebrea clandestina e infine ho cercato negli archivi dell’immigrazione israeliana. In seguito ho potuto entrare in contatto con tre persone che avevano partecipato direttamente all’ “operazione”, due israeliani e un francese di novant’anni (ma l’ho intervistato parecchi anni fa e la sua memoria era molto viva!). Infine Internet è un mezzo prezioso per esplorare e analizzare testimonianze di sopravvissuti alla Shoah nella speranza di trovare dettagli attinenti all’Idéros e l’Italia. Tutto questo porta via cinque o sei ore al giorno, ma sono in pensione e ho tempo”.
Quante storie di questo genere possono vantare un esito felice?
“Purtroppo pochissime perché la maggior parte delle navi clandestine sono state intercettate dai britannici e i loro passeggeri rinchiusi prima nei campi in Palestina , poi dopo il 1946 nei campi di Cipro. A volte, come nel famoso caso dell’Exodus, furono rimandati in Europa, altri furono esiliati alle Mauritius. L’Idéros, in realtà, è una delle poche navi ad avere ingannato la vigilanza della Royal Navy e si merita così un posto “d’onore” nella storia dell’immigrazione ebraica”.
È riuscito a raccogliere testimonianze direttamente da sopravvissuti?
“Si, una sola. Una donna ungherese che vive in Israele. Ha perso tutta la sua famiglia ad Auschwitz. Lei e sua zia erano state internate al campo di Theresienstadt dal quale fu liberata il 10 maggio 1945 dall’armata sovietica. Lei è stata preziosa nel raccontare in dettaglio il suo percorso tra i campi di concentramento e l’Italia- fone www.l’espresso.it