Riproponiamo questo splendido articolo scritto anni fa da Emanuela Capuano qualche anno fa..
L DELFINO RITROVATO” di EMANUELA CAPUANO LA LUNGA STORIA DI UN’AMICIZIA E DELLO STRAORDINARIO CANYON DI CUMA.
Isolotto di san Martino ( Monte di Procida). RITROVATO IL DELFINO, SARà RECUPERATO DAGLI UOMINI DELL’ASL. Avevano rattristato tutti le immagini del delfino che la scorsa settimana aveva inviato un utente e amico alla nostra redazione, Francesco T. Era stato avvistato morto, a galla, a largo delle coste dell’isolotto di San Martino senza ferite apparenti, forse caduto vittima delle reti dei pescatori o della mucillagine. Poi è partita una gara di solidarietà per ricercarne in mare il corpo in balia delle onde. Le ricerche sono state capeggiata dall’Associazione Amici del Gozzo e dagli uomini dell’Ufficio Locale Marittimo di Baia, ed ha coinvolto molti natanti di privati. Poi venerdì finalmente una segnalazione, tre ragazzi che descrivono così il ritrovamento: “questa mattina mentre stavamo facendo il bagno a San Martino, tra gli scogli abbiamo visto il delfino che non si trovava più. C’è una puzza incredibile visto che è in fase di decomposizione. Precisamente si trova nella piccola baia che c’è dopo la Baia dei Porci”; prima della grotta della Palummara ; Li c’è un piccolo pezzo di spiaggetta e alla fine ci sono degli scogli. Proprio li”.. La nostra redazione ha inviato la segnalazione dei tre ragazzi all’ASL.
Lunedì mattina il personale competente andrà a rimuovere il corpo ed a scoprire cosa ha ucciso uno dei mammiferi più belli che abitano il cosiddetto “canyon di Cuma”. Ricordiamo che il canyon di Cuma è uno dei posti più straordinari del Mediterraneo, dove si trova una incredibile concentrazione di ben cinque tipologie esemplari di cetacei, tra cui la Stenella (Stenella coeruleoalba), il Delfino comune (Delphinus delphis), il Tursiope (Tursiops truncatus), il Grampo (Grampus griseus) e la Balenottera comune (Balaenoptera physalus). Pare che il canyon di Cuma, una valle sottomarina raggiunge una profondità massima di 800 metri tra le isole di Ischia e Ventotene, rappresenti un grosso collettore sedimentario per i sedimenti che sono apportati lungo la costa dal fiume Volturno e Garigliano, che favorisce la riproduzione dei cetacei, soprattutto per la straordinaria abbondanza di cibo e per le forti correnti. Spesso infatti sono stati osservati branchi in cui sono presenti piccoli appena nati. Peccato che il depuratore mal funzionante di Cuma e gli scarichi delle pompe idrovore del Volturno e del Garigliano continuano ad avvelenare questa “nursery del Mediterraneo”…speriamo che ciò non comprometta per sempre la sopravvivenza di queste specie nei nostri mari, e che al più presto si prendano i dovuti e gli ormai attesi da decenni, provvedimenti. Vogliamo ricordare che l’amicizia tra uomo e delfino è una delle più affascinanti leggende mai scritte da millenni. E’ probabile che fu anche la baia di Cuma uno degli scenari delle prime leggende della grande amicizia tra uomo e delfino. Secondo una di esse il patto di amicizia tra delfini e umani era stato suggellato dall’unione di Poseidone, signore del mare, con Melanto, figlia di Deucalione, alla quale il dio si era presentato con le sembianze di un delfino. Per questo motivo il figlio fu chiamato Delfo, da cui prese nome la città di Delfi – dove si trovava l’oracolo di Apollo – di cui era il re quando Apollo giunse a prenderne possesso.
Al mito di Dioniso si ricollega un’altra spiegazione dell’amicizia tra delfini e umani. Nel corso delle mille avventure e disgrazie subite per affermare il suo diritto alla vita eterna, Dioniso ebbe occasione di chiedere ad alcuni pirati di traghettarlo da Argo a Nasso, ma scoprì un complotto da costoro ordito per venderlo in schiavitù. Per punirli trasformò i loro remi in serpenti, avviluppò la nave in una cortina d’edera e la paralizzò con tralci di vite finché i pirati, impazziti, non si gettarono in mare, venendo trasformati in delfini. Da allora essi sono amici degli uomini e si adoperano per salvarli dai flutti, come memoria del pentimento dei pirati da cui discendono. Il Lago di Lucrino fu inoltre teatro di un notissimo racconto di Plinio il Vecchio circa un delfino che, all’epoca di Augusto penetrò nel lago. Un bambino che soleva passare di lì per andare a scuola, avendolo notato, prese l’abitudine ogni giorno di chiamarlo, dandogli da mangiare la merenda che portava con sè. Fra i due nacque una grande amicizia, a tal punto che il delfino lo faceva montare in groppa, per portarlo sul suo dorso fino a scuola a Baia e, più tardi tornare a prenderlo per riportarlo a casa sua a Pozzuoli. Questo durò per diversi anni, fino a quando un giorno il bambino non si ammalò ed infine morì. Il delfino però continuava a venire ogni giorno nel luogo consueto ad attendere invano che il bambino arrivasse, finendo per intristirsi sempre di più, fino a quando non morì anche lui, di crepacuore. Si tratta forse, in termini moderni, della prima leggenda metropolitana, il cui tema del fanciullo a cavallo di un delfino era abbastanza diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, ma che Plinio volle localizzare nel Lago Lucrino. Tra l’altro, nelle terme di baia sono presenti alcuni stucchi nella volta di una delle stanze sudario che raffigurano un bambino a cavallo di un delfino. EMANUELA CAPUANO.