Ho deciso di scrivere questa lettera dopo che si è calmato il putiferio di televisioni, giornalisti e di tutti quanti addetti e non addetti ai lavori i quali hanno sentito il bisogno piu’ o meno lecito di scrivere due parole sulla tua triste avventura umana. Perché credo che molta gente la quale seguiva il tuo
funerale, non ne aveva il diritto avendo parlato e soprattutto scritto di te rovinando la tua reputazione di sportivo e di uomo.
Caro Marco, per fortuna nella storia non entrerà la spazzatura delle bugie, dei
sospetti, dei processi televisivi, e delle persecuzioni giudiziarie (per chi non
lo sapesse sei stato perseguitato dalla giustizia ordinaria come un comune
malfattore venendo incriminato e poi assolto da ben sette procure italiane).
Nella storia entrerà il PANTANI immenso e solenne delle imprese sportive, di quelle vittorie guadagnate con fatiche immense e sconosciute a tutti quelli che o per malafede o per invidia o solamente per ignoranza, scrivono di te
associandoti a sostanze miracolose che nella stupidità dell’immaginario collettivo fanno volare anche i brocchi sulle montagne.
Ma noi sappiamo che, per fortuna, al di la di qualsiasi schifezza o medicinale si possa prendere, alla lunga i veri campioni degni di questo nome e destinati a rimanere nella leggenda, emergeranno sempre e comunque dalla mediocrità lasciando al loro misero destino di oblio le manovre dei brocchi e dei mistificatori.
Le vette mitiche delle grandi corse, sono testimoni inoppugnabili della tua grandezza, nel bene e nel male ben al di sopra degli squallori e delle miserie
terrene e sono sicuro che in ogni montagna affrontata dal Giro o dal Tour, tutti noi ci siamo esaltati per te quando ad un tratto gettavi via la bandana e con uno scatto micidiale cominciavi a danzare sui pedali con un ritmo impossibile e
sconosciuto a tutti i tuoi avversari regalandoci emozioni irresistibili e lunghi brividi sulla schiena coinvolgendo incredibilmente in queste imprese anche sportivi appassionati di altre discipline.
E queste sono cose che noi sappiamo bene, non si creano da un giorno all’altro ma oltre a doni naturali, vengono costruite pazientemente giorno per giorno con sacrifici e privazioni: lunghi
allenamenti giornalieri di centinaia di kilometri, palestra e pochissimo tempo per gli affetti e i divertimenti. E non dimentichiamoci che sei stato un
campione che anche i nostri cugini francesi ci hanno sempre invidiato.
Caro Marco, ho sentito una tua intervista il 5 giugno 1999 a Madonna di Campiglio in cui il tuo ematocrito era di un punto superiore al consentito.
Allora hai subito la piu’ grave offesa che si possa fare all’uomo e campione Pantani, dopo la squalifica dal Giro, non contenti, ti hanno dilaniato con accuse e sospetti infamanti e quel tuo piccolo peccato è all’improvviso diventato enorme e insormontabile ingigantito da quella grande sensibilità e generosità che ti ha sempre caratterizzato.
In quella intervista parlavi delle difficoltà subite prima di quel giorno comprese cadute terribili e volontà di rimettere insieme ossa e muscoli per nuove e stimolanti prove ma facevi anche
una amara considerazione che adesso era davvero troppo e che chissà se nel futuro le cose sarebbero state piu’ le stesse.
Purtroppo col senno del poi molti che ti stavano vicino giurano che da quel giorno davvero avevi cominciato un lento ma inesorabile processo di solitudine e disperazione che purtroppo ti
avrebbe portato in un tunnel senza piu’ via di uscita.
Adesso che sei volato in un mondo in cui nessuno piu’ ti giudicherà piu’, saremo felici di sognare la tua esile figura scalare le vette del paradiso insieme a Bartali e Coppi senza piu’ il bisogno di gettare la bandana per dimostrare di
essere un campione, quello l’hai già fatto rimanendo nei nostri cuori per sempre.
Enrico Schiano