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Storia di un’impresa
Lo stabilimento di Pozzuoli: una fabbrica con vista mare
Il grande successo dei prodotti Olivetti negli anni ’50 sollecita l’espansione ed il decentramento della base produttiva. Da un lato si rafforzano gli investimenti all’estero (soprattutto in Sud America), dall’altro si ricorre a siti produttivi anche al di fuori del nucleo storico delle officine Olivetti a Ivrea.
In questo contesto si colloca il progetto per la costruzione di uno stabilimento a Pozzuoli.
La scelta della localizzazione non è motivata dalla prospettiva di sgravi fiscali o di altri incentivi pubblici, ma è frutto delle politiche di sviluppo economico e sociale che in quegli anni Adriano Olivetti tenta di promuovere nel Sud di Italia.
L’idea di investire nel Mezzogiorno matura, infatti, nell’ambito del programma di pianificazione sociale e territoriale del Movimento Comunità e delle politiche territoriali ed economiche promosse dall’UNRRA-Casas (United Nations Relief and Rehabilitation Administration – Comitato Amministrativo Soccorso ai Senzatetto), ente costituito per gestire i fondi ERP (European Recovery Program) e in cui è coinvolto Adriano Olivetti dal 1949 al 1951.
Il progetto
Il progetto dello stabilimento di Pozzuoli nel 1951 è affidato all’architetto napoletano Luigi Cosenza; il tempo di elaborazione e costruzione dell’edificio è breve e i lavori si concludono nel 1954. Nell’aprile 1955 si svolge l’inaugurazione ufficiale, occasione per uno dei più noti discorsi di Adriano Olivetti.
Lo stabilimento è situato lungo la via Domiziana a 15 chilometri da Napoli, in una particolare posizione che domina il golfo partenopeo; copre una superficie totale di 30.000 metri quadrati e al momento della sua apertura accoglie 1.300 tra operai e impiegati.
I corpi della fabbrica sono progettati secondo uno sviluppo lineare per assecondare lo svolgimento dell’intero ciclo produttivo. Nella fabbrica, pensata in funzione di strategie aziendali che prevedono un incremento progressivo e graduale delle lavorazioni al Sud, inizialmente si producono addizionatrici manuali ed elettriche e alcuni modelli di macchine per scrivere.
Tra le diverse soluzioni ipotizzate da Cosenza, quella vincente prevede la progettazione di una pianta a croce, che mentre soddisfa le esigenze della produzione riesce anche ad adattare i volumi dell’edificio alle pendenze del terreno, integrandosi perfettamente nel paesaggio.
Questa struttura non è sostanzialmente modificata dai successivi ampliamenti, il cui progetto è affidato nel 1968 a Roberto Guiducci e alla società Tekne, mentre Cosenza assume il ruolo di consulente; gli ampliamenti continuano fino al 1970.
Una fabbrica “mediterranea”
Il progetto del verde, studiato attentamente da Pietro Porcinai, e lo studio del colore per gli interni della fabbrica, proposto da Marcello Nizzoli su suggestione degli scavi archeologici dell’area vesuviana (forse unica concessione alla tradizione locale), sottolineano la volontà di coniugare le esigenze della società industriale con i valori comunitari di una società tradizionale, in sintonia con le idee di Adriano Olivetti.
Dal punto di vista tecnico è molto significativa la sezione dell’edificio pensata per convogliare all’interno il massimo della luce e creare così nei saloni di lavoro un’atmosfera luminosa, solare, come mostrano le immagini della fabbrica all’indomani della sua apertura.
Il complesso produttivo comprende inoltre un centro di Formazione Meccanici e un laboratorio sperimentale, entrambi collocati in località Fusaro già a partire dal 1951.
Il quartiere Olivetti: abitare e lavorare a Pozzuoli
Luigi Cosenza progetta in parallelo allo stabilimento anche un quartiere residenziale, che rientra nella visione socio-economica di Adriano Olivetti: i luoghi del lavoro devono integrarsi, per qualità e per vicinanza territoriale, con i luoghi dell’abitare.
Il progetto iniziale prevedeva la costruzione in località Fusaro, a ovest di Pozzuoli, di due unità abitative di 28 e 10 alloggi ciascuna e di una serie servizi: colonia marina, asilo, scuola elementare, cinema-teatro, chiesa, negozi e locali per l’assistenza sociale e sanitaria.
In sede di realizzazione il progetto viene però modificato, anche per offrire ai dipendenti la possibilità di abitare in un’area più vicina allo stabilimento. Il quartiere sorge così a Pozzuoli nei pressi dell’anfiteatro romano, in un’area già fornita di vari servizi: i lavori si limitano quindi ai due lotti di edifici di abitazione. L’iniziativa è commissionata dalla Olivetti, mentre l’esecuzione avviene in gestione diretta da parte dell’INA-Casa, secondo una prassi già utilizzata a Ivrea nella realizzazione del quartiere di case per dipendenti di Canton Vesco. Il quartiere verrà ampliato con un terzo lotto di 24 alloggi nel 1963.
Dalla fabbrica agli uffici e all’università
Lo stabilimento di Pozzuoli si presenta come un esempio forse unico di intelligente inserimento di una struttura industriale in un ambiente di grande bellezza naturale; una fabbrica di gradevole aspetto architettonico, movimentata dalla presenza di più corpi e da vari colonnati, immersa in una zona verde, con al suo interno una mensa, una biblioteca, spazi per il riposo, un laghetto, vialetti, sdraio per le ore di intervallo.
Nel corso degli anni vi sono state localizzate varie produzioni meccaniche ed elettroniche, finché sul finire degli anni ’80 è iniziata la progressiva conversione della fabbrica in sede di attività d’ufficio.
Dopo avere ospitato tra l’altro uno dei principali centri di ricerca e sviluppo della Olivetti, oggi lo stabilimento di Pozzuoli ospita, accanto ai laboratori del CNR, la sede decentrata di alcuni istituti universitari partenopei e società di servizi, tra cui uffici e call centre Vodafone, secondo un modello di riuso multifunzionale degli ex edifici industriali che mette sempre insieme ricerca e produzione.