Nella notte tra il 9 e il 10 marzo 1958, il motoveliero “Tormento“, di 82 tonnellate, salpò dal porto di Palermo diretto verso Salerno, ignaro delle avversità che avrebbe incontrato. Portando con sé un equipaggio di cinque uomini, la nave si imbarcò in un viaggio che sarebbe diventato uno degli episodi più misteriosi e tragici della storia marittima di Monte di Procida.
Il motoveliero “Tormento“, registrato presso il Compartimento Marittimo di Napoli, aveva iniziato il suo viaggio da Baia, trasportando un carico di pozzolana destinato a Castellammare del Golfo in provincia di Palermo. Dopo aver completato le operazioni di scarico, si diresse verso Palermo, da dove ripartì il 7 marzo, con l’intenzione di fare ritorno a Baia.
Durante il viaggio, assunse l’incarico di rimorchiare fino a Salerno il “Capitano Todaro“, un altro motoveliero che aveva riscontrato un’avaria. Questo episodio fu confermato dal comandante del “Capitano Todaro”, ma costui non riuscì a fornire ulteriori dettagli sul percorso che il “Tormento” avrebbe intrapreso dopo aver lasciato Salerno.
Purtroppo, dopo questo generoso atto di solidarietà marittima, il destino del “Tormento” prese una piega oscura.
Durante quei giorni di marzo, un tempestoso fortunale investì il Tirreno, scatenando venti che superavano i 100 chilometri all’ora e provocò gravi danni alla Campania e all’intero meridione d’Italia.
A Napoli, il piroscafo “Ulisse“, ormeggiato al Molo Martello, ruppe gli ormeggi e fu necessario attendere diverse ore prima di poterlo rimorchiare e portarlo di nuovo in porto. Un destino simile colpì il motoveliero “Stefano” e la motobarca “San Gennaro” a Pozzuoli, che furono spinti fino alla costa di Baia. A Bagnoli, invece, la motonave “Sant’Antonio“, si trovò immobilizzata a causa dell’elica bloccata e le onde la spinsero fino alla spiaggia, dove andò ad arenarsi.
Fu proprio in questo contesto che il “Tormento” si trovò a navigare al largo delle coste campane, quando il maltempo raggiunse il suo apice.
Nonostante le speranze e gli sforzi, il motoveliero scomparve senza lasciare traccia. Le ricerche si intensificarono con il passare dei giorni. Il dragamine “Glicine” e aerei del Centro soccorso di Vigna di Valle furono dispiegati per scandagliare le acque tra punta Licosa e Stromboli, ma del “Tormento” non fu trovato alcun segno. La tragedia si confermò quando, due settimane dopo la scomparsa, alcuni relitti ritenuti parti del “Tormento” furono recuperati al largo di Capo Palinuro da una silurante della Marina Militare, segnalando così il tragico epilogo.
Tale operazione di recupero venne effettuata in seguito alla segnalazione di alcuni pescatori che, il giorno precedente, avevano notato rottami galleggianti a sud del golfo di Salerno. Successivamente, un aereo militare con base a Taranto sorvolò l’area segnalata, confermando il ritrovamento dei detriti, inclusa una zattera vuota. In risposta, il Dipartimento Marittimo del Basso Tirreno dispose l’intervento del cacciatorpediniere “Andromeda“, che recuperò alcuni pezzi di legno ed un salvagente, ma non trovò alcuna traccia della zattera.
Qualche giorno dopo il 20 marzo, a Monte di Procida, si diffuse la voce che i corpi dei cinque marinai montesi, membri dell’equipaggio del “Tormento”, fossero stati avvistati nelle acque tra Patti e Milazzo, incutendo nei familiari un misto di speranza e dolore. Ma, in seguito ad informazioni dirette ottenute dal Comando Marittimo di Milazzo, la Capitaneria di Porto di Napoli si vide costretta a rettificare queste voci, smentendo il ritrovamento dei resti dei marittimi. Parallelamente a questi sviluppi, i reperti recuperati nelle acque vicino a Capo Palinuro furono trasportati a Napoli. L’obiettivo era quello di sottoporli a verifiche approfondite per stabilire se appartenessero allo scafo del “Tormento”, nella speranza di fare luce su questa tragica scomparsa.
Purtroppo, la conferma definitiva della tragedia giunse poco dopo, quando, aggrappato ad un pezzo di legno della prua del “Tormento”, fu ritrovato su una spiaggia a sud di Salerno, il corpo senza vita del capitano montese e proprietario del motoveliero, Domenico Lubrano di Caruozzo.
Questa notizia scosse profondamente i familiari dei marittimi montesi. Quel momento segnò un punto di svolta nella loro lunga e terribile attesa, trasformando la speranza in una realtà insopportabile. Mentre la conferma della perdita del capitano portava un amaro senso di chiusura per una famiglia, l’assenza di notizie sugli altri membri dell’equipaggio lasciò le altre famiglie sospese in un limbo di incertezza e disperazione.
Ogni giorno passato senza notizie diventava un promemoria del vuoto lasciato dai loro cari, un dolore che si rinnovava al pensiero che il mare non aveva restituito i corpi del motorista Ciro Lubrano di Caruozzo (fratello del capitano), dei marinai Salvatore Scotto d’Abusco e Salvatore Spinelli e del mozzo Michele Massa.
La comunità di Monte di Procida si strinse attorno a queste famiglie, condividendo il lutto che così tragicamente li aveva colpito, unendosi nel ricordo di quegli uomini coraggiosi che avevano affidato la loro vita al mare, un mare che in quel tragico momento non li aveva riportati a casa.
I corpi degli altri quattro marinai di Monte di Procida non vennero mai più recuperati.
In onore di questi marinai montesi, possa il ricordo del “Tormento” vivere nelle storie di mare che continueremo a raccontare, come testimonianza della loro forza, della loro determinazione e del loro coraggio e del loro sacrificio. Che il mare, nel suo eterno movimento, porti pace alle loro anime e conforto a coloro che ancora oggi guardano l’orizzonte, sperando in un ritorno che non avverrà.
Il mare non dimentica, e nemmeno noi dimenticheremo!
— Pasquale Mancino