Nello Musumeci, Ministro per la Protezione civile e le Politiche del Mare, intervenendo alla seconda giornata di Atreju, la festa di Fratelli d’Italia che si sta svolgendo a Roma, nei giardini di Castel Sant’Angelo, ha rilasciato una dichiarazione riguardante la situazione dei Campi Flegrei.
Musumeci solleva un tema cruciale per la comunità e per la sicurezza pubblica. Il Ministro evidenzia la necessità di una maggiore consapevolezza e preparazione di fronte ai rischi naturali, come quelli vulcanici e sismici, che caratterizzano questa area.
Il paragone con il Giappone, dove già a cinque anni i bambini sono istruiti su come comportarsi in caso di terremoti, mette in luce una differenza culturale significativa nella gestione del rischio naturale. In Italia, sembra esserci una certa riluttanza nel parlare apertamente di questi rischi, probabilmente per timore di impattare negativamente su investimenti e attività commerciali locali.
Il Ministro Musumeci sottolinea l’importanza di priorizzare la sicurezza delle persone rispetto al valore di mercato degli immobili. Questo approccio, che prevede la formazione e la comunicazione efficace fin dalle scuole, mira a preparare adeguatamente la popolazione a reagire in modo appropriato in caso di emergenze naturali.
L’affermazione “Non bisogna evacuare, bisogna delocalizzare” suggerisce un approccio proattivo e a lungo termine nella gestione del rischio, incentrato sulla riduzione dell’esposizione alle minacce naturali attraverso la delocalizzazione. È un invito a ripensare l’urbanistica e le politiche abitative in aree ad alto rischio, al fine di garantire maggiore sicurezza.
Il messaggio del Ministro è chiaro: è fondamentale che le comunità siano informate, preparate e resilienti di fronte ai rischi naturali, privilegiando la sicurezza e il benessere delle persone rispetto agli aspetti economici.
Di seguito la dichiarazione del ministro:
“Sui Campi Flegrei non bisogna nascondere la verità: è su uno dei vulcani più pericolosi al mondo. Non bisogna evacuare, bisogna delocalizzare. È necessario che chi vive lì sappia quali sono le condotte appropriate nel caso in cui il pericolo diventi rischio. Quindi la comunicazione e la formazione in sede di prevenzione sono necessarie e devono partire dalle scuole. In Giappone, a cinque anni un bambino sa già come comportarsi quando arriva, e arriva spesso, la scossa sismica. In Italia si ha una sorta di pudore a parlare del rischio naturale, perché se parliamo di queste cose poi la gente non viene più a investire e c’è un calo di attività commerciali. Chiariamoci, cosa è più importante, preservare il valore di mercato della propria casa o mettere la casa nelle condizioni di resistere ad una sollecitazione sismica? Visto che in quella casa e in quella scuola ci stanno i nostri figli e i nostri nipoti.”