La situazione attuale nei Campi Flegrei è oggetto di dibattito tra vari esperti. Le loro opinioni sono diverse e spesso contrastanti, rendendo difficile per il pubblico comprendere la situazione reale.
Carlo Doglioni, presidente dell’Ingv (Istituto Nazionale Geologia e Vulcanologia), ha affermato che ci troviamo di fronte a due scenari. Il primo scenario è simile alla crisi bradisismica degli anni ’80, che durò due anni. Il secondo scenario, più critico, prevede un’eruzione simile a quella del Monte Nuovo nel 1538. Quest’ultima eruzione, sebbene di piccole dimensioni, potrebbe causare disagi sociali a causa della densa popolazione della zona
Questa tesi è contrastata da Giuseppe De Natale, ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano, secondo il quale un’eruzione anche di piccole dimensioni in un territorio densamente popolato come quello dei Campi Flegrei potrebbe portare non pochi problemi. De Natale ipotizza che le zone della Solfatara e di Agnano potrebbero essere, potenzialmente, le aree maggiormente colpite.
Un altro esperto, il vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo, ha affermato che la situazione potrebbe continuare così per mesi, forse addirittura per anni, perché fino a quando il suolo continuerà a sollevarsi, i terremoti proseguiranno a turbare i sonni dei residenti.
Giovanni Macedonio, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ha sottolineato l’importanza del sisma-bonus per la stabilità delle costruzioni esistenti. Secondo lui, il condotto lavico è tappato dalla roccia e quindi se ci fosse un’eruzione lo capiremmo prima.
La situazione nei Campi Flegrei è complessa e in continua evoluzione. Gli esperti sono divisi su come interpretare i segnali provenienti da questa zona vulcanica e su come gestire l’eventuale rischio, ma tutti concordano sulla necessità di monitorare attentamente la situazione e di essere pronti a reagire in caso di necessità.