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Navigando nel destino: la curiosa storia della motonave “Prima Carmelina”, tra naufràgi e fatalità

Il 5 dicembre 1966, la “Prima Carmelina”, una motonave di circa 710 tonnellate, registrata nel Compartimento marittimo di Napoli, stava viaggiando nell’adriatico, quando si trovò di fronte ad una burrasca imprevista ed in attesa che le condizioni meteorologiche migliorassero, l’ancoraggio fu l’unica opzione disponibile per l’equipaggio.

Mentre il mare infuriava ed il vento ululava, i dieci uomini a bordo affrontavano l’inclemenza delle onde con coraggio e determinazione, ma sotto la spinta incessante delle onde violente e con un mare di forza sette, la Prima Carmelina perse il controllo e finì per sbattere contro le scogliere dell’avamporto di Marina di Ravenna.

Il capitano montese Raffaele Coppola (detto vaporìno) guidava l’equipaggio, composto interamente da uomini provenienti da Monte di Procida. Con lui a bordo c’erano il capo macchinista Biagio Lubrano di 41 anni, i marinai Antonio Jovine di sedici anni, Domenico e Antonio Carannante rispettivamente di 28 e 20 anni, Gaetano Vitiello di 18 anni, Antonio Schiano di Scioarro di 17 anni, Domenico Schiano Lo Moriello di 29 anni, Giuseppe Barone di 24 anni ed Antonio Scotto Di Luzio di 29 anni.

Erano in viaggio da Venezia a Ravenna per caricare mille tonnellate di fertilizzante destinato alla Sicilia. Ma il destino, sempre imprevedibile sulle acque del mare, aveva in serbo un’altra trama per la Prima Carmelina.

Le onde, sempre più violente, trascinarono la nave verso le scogliere del porto di Ravenna, dove venne ripetutamente sbattuta contro le scogliere dell’avamporto. Grosse falle si aprirono nello scafo e l’acqua invase gli ambienti interni e la motonave si arenò, semirovesciata sui fondali.

Le operazioni di soccorso furono intraprese con grande coraggio dalle autorità locali e dai volontari, ma la situazione era estremamente difficile. Gli sforzi congiunti, però, permisero di portare in salvo tutti i membri dell’equipaggio. Purtroppo, uno dei soccorritori, il trentaduenne Terzo Sirotti (R.i.p.), di Marina di Ravenna, trovò la morte annegando in mare a causa del ribaltamento di uno zatterone pneumatico utilizzato per il trasbordo degli uomini dell’equipaggio.

Uno dei marinai montesi viene tratto in salvo con una gru, mentre alle spalle la nave sta affondando

Ma la storia della Prima Carmelina cela un segreto più tenebroso, un enigma che collega questo naufragio a una tragedia precedente, avvenuta cinque anni prima, al largo delle coste di Genova.

Ecco il nodo cruciale della vicenda: la Prima Carmelina era in realtà la “Prima Tomei”, la stessa motonave che nel 1961, a causa della fitta nebbia, urtò contro una diga a Genova, finendo semi affondata. (…leggi l’articolo sulla Prima Tomei).

La Prima Tomei, di proprietà dell’armatore Umberto Tomei, venne poi recuperata dalle acque ed acquistata successivamente dall’armatore montese Michele Looz (Aiténe), conosciuto simpaticamente anche come Micalìno Mutandóne perché aveva l’abitudine di ricevere gli amici in mutande, che rinominò la motonave in “Prima Carmelina”. Si narra che Micalìno, quando comprò questa motonave, andò a Genova con i soldi in contanti, avvolti all’interno di un grosso maccatùro a quadri bianchi e rossi.

Ma, 5 anni dopo, il destino sembrava aver intessuto un filo invisibile, conducendo la Prima Carmelina verso una fine sorprendentemente simile alla precedente, contro le scogliere dell’avamporto di Ravenna. A quanto pare, è difficile, se non impossibile, sfuggire al proprio destino, sia per le persone e, sembra, anche per le navi.

Il caso della Prima Carmelina solleva interrogativi sulla natura del destino e sulla sua ineluttabilità. Anche di fronte agli sforzi umani più strenui, alcune cose sembrano scolpite nel tessuto stesso dell’universo, sfuggendo al nostro controllo.

La storia di questa motonave ci ricorda che, nonostante tutti i nostri sforzi, il destino può avere l’ultima parola, guidando le nostre vite lungo percorsi imprevedibili e spesso sorprendenti.

Mentre la curiosa vicenda della Prima Carmelina si perde nel vasto mare dell’oblio, ci lascia una lezione indelebile: la vita ed il destino sono simili alle correnti del mare, imprevedibili e misteriosi, e talvolta è solo con il passare del tempo che svelano il loro vero significato.

Pasquale Mancino

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