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Dolci memorie: la magia della Befana tra sogni e tradizioni degli anni ’50 e ’60

Il 6 gennaio, nelle case di molte famiglie, si rinnova l’attesa per una delle figure più amate e caratteristiche del nostro folklore: la Befana.
Questa affascinante figura, con il suo aspetto di vecchina sorridente e un po’ bislacca, vola su una scopa attraverso il cielo invernale, portando dolci e doni ai bambini. Ma chi è davvero la Befana e qual è il significato profondo di questa tradizione?

La storia della Befana affonda le sue radici in antiche leggende e tradizioni popolari. Secondo una delle interpretazioni più diffuse, il nome “Befana” deriva da “Epifania”, la festa cristiana che celebra la visita dei Magi a Gesù Bambino, ma la Befana sembra essere anche legata a tradizioni pagane precedenti il Cristianesimo, in particolare a quelle legate al cambio delle stagioni e al ciclo della natura.

La narrazione più popolare della Befana si intreccia con la storia dei Re Magi, persi nel loro viaggio verso Betlemme. In cerca di direzione, si rivolsero ad una donna anziana, invitandola a unirsi a loro per rendere omaggio al neonato Gesù. La donna, tuttavia, declinò l’invito, decisione di cui in seguito si pentì amaramente. Per redimersi, preparò una varietà di dolci da donare al Bambino Gesù e si mise in viaggio per cercarlo. Ma, perdendo la strada per Betlemme, si ritrovò a vagare, offrendo i suoi dolcetti a ogni bambino che incontrava lungo il cammino, nel tenero auspicio di poter, un giorno, donare i suoi regali al Gesù Bambino.

Nel folklore, la Befana è descritta come una vecchietta vestita di stracci, con un naso adunco e un sorriso amichevole. Volando sulla sua scopa, visita le case dei bambini nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, riempiendo le calze lasciate appese dai bambini con dolci, cioccolatini e piccoli regali se sono stati buoni, o con carbone se sono stati cattivi. Questa tradizione sottolinea l’importanza del comportamento e della responsabilità personale, valori fondamentali trasmessi di generazione in generazione.

L’arrivo della Befana nei decenni degli anni ’50 e ’60 del 1900, era un evento che suscitava intense emozioni e grande attesa nei bambini di quel periodo. Questa tradizione, intrisa di folklore e semplicità, rappresentava uno dei momenti più gioiosi e magici dell’anno per i più piccoli.

L’attesa della Befana era carica di emozioni. I bambini, dopo aver appeso la loro calza vicino alla finestra, al camino, su una sedia o attaccata al letto, andavano a dormire con il cuore pieno di speranza. Si narravano storie e leggende sulla Befana, rendendo quella notte magica e piena di mistero. Non era raro che i genitori facessero piccoli rumori, durante la notte, per simulare l’arrivo della Befana, alimentando l’entusiasmo e l’immaginazione dei loro figli.

Secondo alcune leggende popolari, la scelta della calza, come simbolo della Befana, è legata a storie specifiche. In una di queste, si dice che la Befana, entrando nelle case dei bambini attraverso il camino, trovasse le calze appese ad asciugare vicino al fuoco e decidesse di riempirle con i suoi doni.

I bambini vivevano l’arrivo della Befana con un misto di eccitazione, aspettativa e anche un pizzico di timore reverenziale. La figura della Befana era avvolta in un alone di mistero: era vista come una gentile vecchietta che portava dolci e regali, ma anche come una figura che premiava i bambini buoni e lasciava carbone a quelli meno obbedienti. Questa dualità contribuiva a creare una sorta di suspense emotiva nei bambini.

Nel passato, dalle nostre parti, la festa della Befana era molto più di una semplice tradizione: era un momento di condivisione familiare e di speranza. In quelle epoche, caratterizzate da condizioni economiche spesso difficili, la Befana portava con sé un significato profondo, specie nelle famiglie meno agiate.

Va sottolineato che, data la semplicità dei tempi, soprattutto nelle famiglie più umili, i doni non erano ricchi o eccessivi. I bambini erano solitamente felici e grati anche per piccoli regali. In quegli anni la Befana non portava costosi giocattoli, ma soprattutto fichi secchi, noci, nocciole, agrumi, biscotti e piccole ciambelle fatte in casa, taralli zuccherati, caramelle, liquirizia, piccoli pezzi di torrone e cioccolato sfuso. Spesso nella calza trovano posto anche quaderni, penne e matite e per i bambini che non erano stati buoni, arrivava il carbone, ma era soprattutto carbone dolce, una leccornia fatta di zucchero colorato.

L’arrivo della Befana era dunque un evento carico di significato emotivo e culturale. I bambini di quel periodo vivevano questi momenti con una gioia genuina e una semplicità che oggi può sembrare lontana. Era un’esperienza che andava oltre i doni materiali, toccando i cuori e lasciando ricordi indelebili, legati al calore familiare e alle tradizioni di un tempo.

Nei ricordi di chi ha vissuto quel periodo, la Befana non era solo una portatrice di doni, ma un simbolo di affetto familiare e di speranza. Nonostante le difficoltà economiche, l’amore e la creatività trasformavano questa festa in un momento magico e indimenticabile. La Befana, quindi, non portava solo doni materiali, ma anche e soprattutto un messaggio di ottimismo e di calore umano, valori che ancor oggi permeano la celebrazione di questa tradizione.

Con l’arrivo della metà degli anni ’70, un vento di cambiamento economico soffiò anche da noi, portando con sé un’epoca di maggiore prosperità. Questo mutamento si rifletté anche nelle tradizioni della Befana, la quale cominciò a portare doni più sontuosi e diversificati.

Per i ragazzini, la mattina dell’Epifania si trasformò in un momento di eccitante scoperta: tra i doni si trovavano piccole automobili giocattolo dettagliate e colorate, biciclette, spade finte per avventurosi duelli immaginari e persino pistole giocattolo complete di fodero, cinturoni per cartucce, cappelli e stelle luccicanti da sceriffo, stimolando sogni eroici e giochi di ruolo.

Per le bambine, l’alba dell’Epifania si tingeva di un’aura speciale con l’arrivo delle prime bambole di ottima fattura, vere e proprie icone di quel tempo. Bambole come le Barbie, eleganti e alla moda, e i Cicciobelli, in variante sorridenti, piangenti e persino quelle che simulavano di fare la pipì, si affacciavano tra i doni, portando con sé un mondo di fantasia e creatività. Queste bambole non erano semplici giocattoli, ma rappresentavano un salto qualitativo nell’immaginario infantile: permettevano alle bambine di sperimentare con la moda, l’espressione di sé e il gioco di ruolo, aprendo le porte a nuove forme di intrattenimento e apprendimento attraverso il gioco.

Oggi, la Befana è celebrata soprattutto con feste popolari, eventi e rappresentazioni. Queste celebrazioni non sono solo un momento di gioia e divertimento per i bambini, ma anche un’occasione per la comunità di riunirsi e rafforzare i legami sociali.
È un momento in cui le tradizioni si intrecciano con la modernità, mantenendo vivo il nostro patrimonio culturale che si rinnova e si adatta, ma rimanendo sempre fedele alle sue radici.

–Pasquale Mancino

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