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L’incredibile storia dell’Amelia S.: una notte oscura nel mare in tempesta e la miracolosa salvezza dei 7 marinai

Il 20 ottobre del 1971, un altro dramma marittimo sconvolse il tranquillo scorrere del tempo.

La protagonista di questa oscura vicenda era la nave mercantile “Amelia S.“, orgogliosamente di proprietà dell’armatore Vincenzo Spinelli. Questa magnifica imbarcazione, nata nei maestosi cantieri danesi di Frederikshavn nel lontano 1914, portava con sé una storia di nobiltà marittima. Lunga 49,84 metri, larga 9,14 metri e una stazza lorda di 494,14 tonnellate, la “Amelia S.” aveva attraversato i decenni con una fierezza ineguagliabile.

Nonostante avesse cambiato il suo nome in più occasioni, prima di “Amelia S.” si chiamava “Carloforte“, il suo passato era carico di avventure e viaggi in giro per il mondo. Ma il 20 ottobre, il fato sembrava aver deciso il suo destino. A bordo di questa possente imbarcazione, sette uomini valorosi si preparavano a completare il loro viaggio verso Cagliari, trasportando un carico di 750 tonnellate di pozzolana flegrea. Eppure, quel viaggio sembrava maledetto fin dall’inizio, con il destino che si preparava a gettar loro contro ogni sorta di avversità.

Nel tratto di mare, a circa venti miglia dall’incantevole isola di Ponza, l’incredibile mistero iniziò a svelarsi. Fu un aereo a fare la prima scoperta inquietante. Verso le 9.30 del mattino, lo  sguardo del pilota si posò su qualcosa di insolito: un’imbarcazione di salvataggio a malapena visibile, quasi sommersa dall’acqua. Il mistero era davanti a lui, in mezzo all’immensità del mare. Era chiaro che chiunque si trovasse in quel cerchio di mare aveva bisogno di aiuto urgentissimo.

La capitaneria di porto di Gaeta rispose con tempestività all’appello misterioso e inviò la motovedetta “Michele Fiorillo” per indagare su questa enigmatica situazione. Da Ponza, altre navi si prepararono a solcare le onde per raggiungere il luogo del presunto naufragio, intraprendendo un viaggio incerto e carico di tensione. Una di queste imbarcazioni si spinse coraggiosamente avanti e prese a rimorchio una lancia di salvataggio, trasportando a bordo sette uomini terrorizzati, sfiniti e in preda al panico.

Mentre il vento fischiava nell’aria e il mare si dimenava in un tormento senza fine, i sette marinai furono trasbordati a bordo del “Fiorillo” e tratti in salvo. Il mistero che circondava l’evento si faceva sempre più fitto, mentre la capitaneria di porto di Gaeta iniziava a svelare i segreti nascosti di questa storia incredibile.

La notte scese su Gaeta e finalmente, i sette naufraghi giunsero a terra.
Erano sette uomini coraggiosi, ma fortemente provati dalla terribile disavventura: il comandante Mario Costigliola, il direttore di macchina Ernesto Coppola, il nostromo Vincenzo Scuotto, il marinaio Domenico Spinelli, il cuoco Domenico Fevola, tutti originari di Monte di Procida. Con loro vi erano il primo ufficiale macchinista Carlo Caputo e il giovane marinaio Antonio Cannas, entrambi di Bacoli.
E tutti, miracolosamente, si erano salvati in mezzo a tanta incertezza e pericolo.

I sette superstiti descrissero la loro incredibile sciagura.
Raccontarono di una falla che si era improvvisamente aperta nello scafo, facendo penetrare l’acqua a un ritmo spaventoso e dell’imbarcazione che lentamente colava a picco, poco prima che riuscissero miracolosamente a mettersi in salvo a bordo di una delle due lance di salvataggio.

In quella notte oscura del 1971, il mare aveva inghiottito la “Amelia S.“, soffocando, per sempre, il suo orgoglio sotto le onde.
Tutti gli uomini di bordo avevano sfidato il destino e trovato la salvezza, grazie all’intervento della motobarca da pesca “Aquila“, mandata in soccorso dei naufraghi dalla capitaneria di porto di Gaeta e grazie soprattutto all’occhio vigile di un pilota di aereo che aveva gettato un raggio di luce e speranza nell’ignoto, illuminando il cammino che li avrebbe condotti alla salvezza in mezzo all’immensità del mare implacabile.

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