Il 20 agosto 1971, la piccola motonave da carico “Adelmira“, con una stazza di 396 tonnellate ed iscritta al compartimento marittimo di Napoli con il numero 995, si trovava in navigazione verso la Sicilia. Era una mattina come tante altre, ma presto si trasformò in un giorno che avrebbe sfidato la vita stessa.
Alle prime luci dell’alba, il comandante Vincenzo Malvone, di Monte di Procida, notò qualcosa di inquietante: la nave stava imbarcando acqua a causa di una grossa falla apertasi nella stiva di prua. La prontezza del comandante fu cruciale; ordinò all’equipaggio di avviare immediatamente le pompe per contrastare l’infiltrazione d’acqua. Ma nonostante gli sforzi instancabili, le speranze si affievolirono rapidamente.
Alle 7.20 di quella terribile mattina il comandante Malvone decise di lanciare un disperato S.O.S., segnalando la grave falla nella stiva n.1 e la situazione sempre più critica a bordo. La richiesta di soccorso venne rapidamente captata e ritrasmessa a tutte le navi nelle vicinanze, grazie anche alla radio marittima di Napoli.
L’allarme si diffuse istantaneamente, raggiungendo anche le capitanerie di porto di Messina e Milazzo. In pochissimo tempo, imbarcazioni provenienti da Messina e Reggio Calabria si mossero per soccorrere la nave ed il suo equipaggio in difficoltà.
Ma il destino aveva preso una svolta terribile per l’Adelmira. Man mano che trascorrevano i minuti, la nave si inclinava sempre più pericolosamente sul fianco sinistro ed i vani tentativi dell’equipaggio di alleggerirla gettando parti del carico in mare confermarono la tragica inevitabilità del suo destino.
Con un atto di coraggio e saggezza, il comandante Malvone ordinò all’equipaggio di abbandonare la nave e di mettersi in salvo sulla scialuppa di salvataggio.
Questa decisione si rivelò cruciale, perché pochi istanti dopo l’Adelmira scomparve nell’abisso marino. I naufraghi si ritrovarono in mare aperto, lottando per la sopravvivenza su una fragile imbarcazione di salvataggio, in mezzo alle tumultuose acque del mare.
La motonave, di proprietà dell’armatore Giuseppe Mattera di Monte di Procida, si inabissò verso le 8.30 di quella fatale mattina, a quindici miglia a nordovest di Capo Peloro, nelle vicinanze dello stretto di Messina.
La sorte, però, riservò un epilogo sorprendente. Un mercantile turco chiamato “Kazin Kaptanoglu” che navigava in quelle stesse acque si avvicinò ai naufraghi esausti e li accolse a bordo, offrendo loro la salvezza. In seguito, furono trasbordati su una motovedetta della capitaneria di porto che aveva raggiunto la nave straniera per evitarle un lungo dirottamento e li condusse in sicurezza nel porto di Messina.
Gli uomini dell’equipaggio dell’Adelmira che sopravvissero a questo dramma, tra cui il valoroso capitano Vincenzo Malvone, erano: il direttore di macchina Egidio Serotino, il motorista Franco Verilo, il nostromo Michele Esposito ed il marinaio Michele Mattera, tutti provenienti da Monte di Procida, insieme al giovane marinaio Paolo Di Lauro di 18 anni di Monopoli (Bari).
Questo è il racconto di un giorno che iniziò nel terrore ma si concluse con una speranza che superò ogni aspettativa. Un evento che ci ricorda la fragilità dell’uomo in mare, ma anche il coraggio, la resilienza e la solidarietà che possono emergere nei momenti più difficili.
Quel giorno questi uomini ebbero la fortuna dalla loro parte ed ai controlli medici, risultarono tutti in ottime condizioni fisiche, ma molti di loro decisero di non mettere più piede a bordo ad una nave e cambiarono totalmente mestiere. Il comandante Malvone, ad esempio, emigrò negli Stati Uniti, dove tutt’ora vive con la sua famiglia.
–Pasquale Mancino