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La tragedia del motoveliero Zoroastro: sette naufraghi montesi sopravvissero all’inferno del mare

68 anni fa, una drammatica vicenda sconvolse tutta Monte di Procida, portando alla luce una storia di sopravvivenza e coraggio che rimarrà scolpita nella memoria dei tempi.

Sfuggiti alle fauci implacabili del mare, sette marittimi montesi conobbero l’inferno in vita sulla loro tragica scialuppa alla deriva.

La storia che si cela dietro questi sette uomini è di disperazione, coraggio e determinazione. Essi componevano l’equipaggio del motoveliero “Zoroastro“, una nave iscritta al compartimento marittimo di Napoli e di proprietà dell’armatore montese Raimondo Pugliese. Il loro destino si era legato al nome stesso dell’imbarcazione, richiamando il dualismo della dottrina filosofica, in cui l’universo è diviso in due forze contrastanti, lo “spirito buono” e lo “spirito cattivo”. Un’ironia crudele, poiché lo Zoroastro dovette ben presto sperimentare il contrasto tra la vita e la morte nell’elemento più ostile di tutti: il mare.

L’incubo ebbe inizio durante la notte di sabato 10 settembre 1955, quando la piccola imbarcazione montese, al largo delle coste toscane con rotta verso La Spezia e con un carico di 400 tonnellate di grano, si trovò ad affrontare un’improvvisa e furiosa tempesta.

Le onde, come giganteschi artigli, si abbatterono implacabili sulla fiancata dello Zoroastro, sfondandola inesorabilmente. In un istante fatale, la nave fu condannata, e il capitano, Michele Colandrea, dovette prendere la decisione più difficile della sua vita. Ordinò all’equipaggio di abbandonare la nave e salire su una scialuppa a motore, portando con sé solo un bidone d’acqua e poche gallette per la sopravvivenza.

Pochi minuti dopo, lo Zoroastro scomparve nel turbine delle onde, inghiottito senza pietà dal mare insaziabile. Iniziava così l’agonia dei sette disperati naufraghi montesi, isolati e vulnerabili in mezzo al mare in tempesta. Le scorte di acqua, cibo e benzina si esaurirono rapidamente e da lunedì 12 settembre, erano rimasti senza alcuna risorsa. Le onde furiose del mare si scagliavano contro il fragile battello di salvataggio, spingendolo avanti e indietro come un giocattolo nelle mani di un gigante crudele.

Ogni momento era un’agonia, ogni schianto delle onde un tormento, eppure questi uomini non si sono dati per vinti. La loro forza di volontà e la fede nella possibilità di sopravvivenza li ha spinti a resistere, a combattere contro le avversità con una determinazione che sfidava il loro stesso destino.

Per tre giorni interminabili, i sette naufraghi remarono senza sosta, sfidando un mare tempestoso e senza pietà. La fame e la sete tormentarono i loro corpi, ma il desiderio di sopravvivere alimentò la loro forza d’animo. E poi, all’alba di un giorno che sembrava senza fine, la terra apparve all’orizzonte, come una benedizione divina. I naufraghi, esausti ma determinati, abbandonarono le loro braccia doloranti e si aggrapparono ai remi con rinnovato vigore, raggiungendo l’isola di Ponza.

Però, la loro odissea si concluse soltanto all’alba di giovedì 15 settembre 1955, quando raggiunsero la loro amata spiaggia di Monte di Procida, accolti da braccia amiche e commosse. I pescatori montesi, primi testimoni dell’arrivo di queste anime sofferenti, non poterono fare a meno di notare l’orrore impresso nei loro occhi, i visi stravolti dal terrore e le barbe lunghe, testimonianza delle dure sfide affrontate in mare aperto. Un abbraccio caloroso e commosso accolse i naufraghi, mentre questi, finalmente in salvo, baciarono la terraferma come testimoni di una resurrezione da un mondo oscuro e terrificante.

Questa è la storia di sette uomini che hanno affrontato l’abisso e sono tornati indietro, un racconto di coraggio, resistenza e, in qualche modo, un richiamo al dualismo della vita stessa. La tragedia del motoveliero Zoroastro e la sopravvivenza dei suoi naufraghi ci ricordano quanto sia fragile e preziosa la vita umana e quanto sia profondo il nostro desiderio innato di lottare per la sopravvivenza, anche quando le forze sembrano essere tutte contro di noi.

–Pasquale Mancino

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