Da Assunta Esposito – Racconto Parsifal il film sul cavaliere purissimo.
Sono trascorsi tantissimi anni dal giorno in cui ti ho incontrato. Eri in un libro e ti chiamavi Parsifal!
Eri bellissimo, biondo e longilineo, occhi chiari da eroe dorico ma, non si conoscevano le tue origini, e poi… che importanza avevano. Eri un guerriero e questo bastava, ma eri tutto luce, e riconobbi in te ‘il Guerriero della luce’, ed ero, solo una bambina …allora pensai di essere in errore. La gens ti chiamava il ‘cavaliere purissimo’, quando adulto lasciasti le tue foreste. Fu per quella luce, che sedesti alla corte del Re ‘più saggio della Terra’, tra i suoi dodici cavalieri, dove ciascuno era uguale. Ma solo tu, eri il purissimo, avevi un cuore in cui ombra e luce si baciavano, ed eri lì per donare a tutti “la coppa della guarigione e della lunga vita … che ciò era il tuo destino, cosi avevano profetizzato!
La Terra era oramai sì desolata, non vi erano più alberi, e uccelli sui rami, e uomini che combattevano per la pace, o che facevano la guerra per cercarla, oppure che si amavano e si odiavano, e bimbi che giocavano in cortile, o anziani che tramandavano i saperi e la conoscenza … la Terra non era più … ed era solo il “sacro vuoto”, e tutti i saggi caddero in un lungo sonno, e i mostri occuparono ogni spazio e ogni tempo. Allora tu, abbracciasti “la tua croce”, e ti mettesti in viaggio per cercarla quella ‘coppa’, e arrivasti da chi aveva peccato, perché si può peccare anche di troppo zelo. Eppure era un Re buono, lo sentivi, lo chiamavano il re pescatore, e alla sua tavola ti saziasti e ti mostrò “la coppa e anche la lancia”. Erano in sua custodia ed erano lì per te. Il Re ne aveva ormai dimenticato l’uso. La sua “tara” lo aveva condannato, e l’Amore per Dio aveva fatto il resto. Doveva diventare tua, per guarire, il corpo, l’anima e lo spirito della sua gens e della sua terra, ma eri ancora troppo giovane e non chiedesti nulla, dimenticando che, solo se chiedi ti è dato.
Eppure ciascun uomo ha la sua ‘lancia del destino’ o la sua ‘spina nel fianco o un tallone d’Achille, che sia un re o un mendicante, importa poco, si abbatte su di lui anche più volte. E questo Re aveva una ‘tara’, lui zoppicava per natura, e la stoltezza della di lui disperazione, gli tolse anche l’energia vitale. Di solito è così che si tramanda sofferenza e morte, da padre in figlio, a nipote e via, giù fino alla settima generazione.
“In nomine dei feci” – diceva mentre azzannava una coscia d’agnello – volevo esser sicuro di diventare casto, mentre castrava il suo organo vitale e Pan si adirò molto con costui; non gli potette perdonare cotanta presunzione.
A Dio non piacciono i codardi ma non piacciono nemmeno i presuntuosi, che poi l’Amore puro è riservato a pochi, e non si acquista violentando il proprio corpo. Perciò la castità è un altro demone interiore, produce solo distruzione e morte!
Ma tu! Tu uomo dal cuore puro, avevi una coscienza alchemica, ed eri lì solo per risanare e donare guarigione…
Cos’è che poi guarisce una ‘tara’? L’Amore per la Vita, la Conoscenza o la Saggezza? Ciò a nessun di noi è dato saperlo, è questo poi il mistero di ogni vita, e forse solo quando noi umani, abbiamo il nostro ultimo respiro, riusciamo a comprenderne la natura e il mistero. Qualcuno ci rimane male, digrigna i denti o gonfia il gargarozzo, o butta fiele dalla bocca, e qualcun altro invece né è felice, perché comprende ora anche la ragione oscura.
Le voci sono corse di terra in terra, e tutto si è oscurato intorno. L’origine, la storia vera, e la fine, e ognuno ha raccontato la sua storia. Si sa l’uomo vive d’illusioni. A nulla valgono le fonti scritte. Si contano solo le parole, e le parole sono solo suoni. Qualcuno poi ci scrive una canzone e dà più dignità all’illusione, chi è più avvezzo verso i Miti usa il linguaggio musicale per toccare i cuori.
Un giorno oscuro poi della mia vita, qualcuno disse che, ti avevano veduto in terre assai lontane, di un mondo desolato e ormai distrutto, e con la spada combattevi impavido, e con la luce, raccoglievi vecchi e bambini.
A Cuma in quella Cripta, ti eri recato, e la Sibilla avevi interpellato, perché volevi portare a compimento la dissoluzione di quel tempo gramo; la coppa del ‘Sacro Graal’ dovevi trovare.
Mi piace immaginare che ci sei riuscito. Gli ostacoli incontrati tu hai superato. La musica dell’anima hai ritrovato, e i vecchi e i bimbini in Terra di Pace hai accompagnato.
I testi dicono che fosse la Bretagna, ma io non ne sono proprio convinta. Potrebbe anche essere una bella isola, di sole e di mitezza d’aria da Dio riconosciuta.
Se ben ricordo qualcuno mi avvertì d’averti visto a Cuma, nell’antro oscuro a interrogarla, la nera megera, io non lo so, a cosa ti sia servito, è che la magia non può cambiare un destino.
Sicuramente l’oracolo ha parlato, memorie antiche hanno reso forte il cuore, e i fili hanno dipanato, avrai compreso ora chi sei stato e dove ora sei e perché devi andare.
Se eri qui per una vera missione o solamente per imparare cose nuove o conoscere te stesso, e quel Santo Graal altro non era che la tua Itaca, ora lo avrai appreso!
Mi piace, immaginarti coi tuoi occhi azzurro-verde mare, il corpo longilineo e l’incarnato chiaro, il sole nei capelli e tra i bambini, cantar canzoni tra vecchi sorridenti.
Assunta Esposito
Parsifal film fantasy del 2021, di Marco Filiberti con Matteo Munari, Marco Filiberto, Diletta Masetti, Luca Tanganelli, Giovanni De Giorgi – genere drammatico- struggente ma intimista – wagneriano – poeticamente a Thomas Stern Eliot, cinematograficamente alla Reiner Fassbinder, dipinge i luoghi ma fa risuonare anche il’sacro vuoto’ dell’anima. “Marco Filiberti – dirà Paola Casella su MyMouvie – “ ripercorre la leggenda di Parsifal soprattutto nella concezione wagneriana, per raccontare uno smarrimento esistenziale, figlio dei nostri tempi, accompagnato dalla necessità di abbandonare la dimensione del controllo e il demone del desiderio”