Durante il mese di dicembre del 1907, nel comune di Monte di Procida, vennero affissi alcuni manifesti di notevole importanza per tutti i contadini produttori di vini.
Purtroppo l’analfabetismo era ancora molto diffuso, riguardava più del 90% della popolazione montese adulta, ma l’argomento in questione era molto sentito e toccava direttamente le tasche dei contadini per cui tanti diretti interessati chiesero aiuto anche a don Peppino, il parroco della chiesa di Maria SS. Assunta in Cielo, Giuseppe Scotto di Santolo, per farsi spiegare per bene il contenuto dei suddetti manifesti.
Per raccontare questo particolare momento della storia montese occorre tornare a qualche anno addietro, quando il Monte era ancora legato amministrativamente al comune di Procida.
In quel periodo, il vino prodotto sul Monte, dai nostri abilissimi antenati contadini, era di qualità eccellente ed era molto apprezzato, soprattutto a Napoli dove era ricercatissimo e venduto a prezzo più alto rispetto ad altri vini provenienti da tutta la regione.
Non mancavano però gli approfittatori che erano soliti comprare il nostro vino e poi diluirlo con quelli meno pregiati per rivenderlo al prezzo del vino montese causando anche danni alla reputazione del vino di Monte di Procida.
Ma ciò che arrecava più danno e rabbia ai nostri poveri contadini era la pratica di utilizzare barili “truccati” in modo da contenere più vino di quanto atteso.
A quel tempo, per la vendita del vino all’ingrosso, era consuetudine per i contadini montesi, vendere il vino a “tanto al carro“ e per carro si intendeva un insieme di 24 barili ed il barile napoletano era un contenitore di 44 litri (43,62 per l’esattezza).
I furbacchioni, generalmente commercianti napoletani, che venivano a comprare il vino sul Monte per poi rivenderlo a Napoli, si dotavano solitamente di barili di capacità superiore a 44 litri per cui i nostri contadini ci rimettevano di tasca propria molti litri di vino per carro, all’inizio senza accorgersi della frode e, in seguito, ben consapevoli ma senza alcuna tutela legislativa.
Per questo motivo chiesero più volte al comune di Procida di intervenire e di regolamentare la vendita all’ingrosso, ma nessun provvedimento in merito venne mai adottato ed anche per questo i contadini montesi furono, in maggior parte, propensi alla separazione amministrativa dall’isola.
Con la conquista dell’autonomia municipale del 27 gennaio 1907 e con la nascita della prima amministrazione comunale, i contadini montesi iniziarono subito a fare unanime pressioni sul primo sindaco di Monte di Procida, dott. Michele Coppola, reclamando seri e severi provvedimenti di ordine generale per essere sottratti dalle facili frodi e dalle possibili e prevedibili rappresaglie da parte di commercianti, sensali e carrettieri napoletani che venivano ad acquistare il vino all’ingrosso sul Monte, generalmente nelle prime ore del giorno in assenza, quindi, delle forze dell’ordine.
In risposta a questa giusta ed unanime agitazione, il consiglio comunale del 20 novembre 1907, portò all’ordine del giorno l’argomento: “Provvedimenti per l’uso dei barili nel commercio del vino“.
Dopo la presentazione della problematica da parte del sindaco Coppola all’intero consiglio comunale, venne proposto un regolamento di 11 articoli per disciplinare l’uso e la capacità delle misure tollerate nel commercio del vino.
Le disposizioni regolamentari, in particolare, stabilivano le misure di carro e di barile. Come detto, il carro, secondo l’uso locale, era formato da 24 barili ed il barile da 44 litri.
Per l’accertamento della capacità dei barili, venne prevista la costituzione di un apposito ufficio, presso il municipio, per la verifica e la misurazione gratuita dei barili; quelli con capacità diversa da quanto stabilito dal regolamento, dovevano essere ridotti, a spese del municipio, alla capacità di 44 litri.
Entro 15 giorni dall’entrata in vigore del regolamento, tutti coloro che usavano o fornivano barili per il commercio del vino, specie i sensali e carrettieri, erano obbligati a sottoporre i loro barili alla verifica, misurazione e conseguente marcatura comunale. I barili di nuova costruzione non potevano essere messi in uso senza la marcatura di precisione apposta dal municipio.
La verifica dei barili veniva effettuata due volte all’anno: l’una nei primi quindici giorni di agosto e l’altra nei primi quindici giorni di marzo, ma poteva anche essere effettuata a richiesta dei privati purché il numero dei barili da verificare e marcare non fosse inferiore a dieci. I barili non marcati venivano dichiarati in contravvenzione, confiscati ed i proprietari deferiti all’autorità giudiziaria.
I contravventori, oltre alle pene sancite dal codice penale contro le frodi in materia commerciale, erano soggetti anche ad una multa estensibile fino a lire 10 (circa 40 euro di oggi) per ogni barile non marcato. Considerando un carro da 24 barili non conformi, si rischiava di incorrere in multe fino a 960 euro odierni.
L’esecuzione del regolamento venne affidata agli agenti municipali e a quelli di forza pubblica i quali avevano diritto a metà della contravvenzione accertata e ciò era molto appetibile per gli agenti, ma siccome non mancavano concussione e corruzione, il regolamento prevedeva anche la destituzione ed il deferimento per gli agenti che evitavano di elevare contravvenzioni quando previsto.
Il regolamento comunale prevedeva che le multe potevano anche essere “aggiustate” dal sindaco secondo le norme emergenti dall’art. 200 della legge comunale e provinciale.
Si racconta che a quell’importante consiglio comunale, del 20 novembre 1907, parteciparono parecchi contadini montesi molto arrabbiati, alcuni con mezzaluna e forcone in pugno.
Il regolamento venne approvato all’unanimità dai consiglieri comunali presenti (17 su 20) e venne annunciato al pubblico attraverso appositi manifesti riassuntivi.
Con l’entrata in vigore del nuovo regolamento i contadini montesi poterono finalmente vendere il loro vino all’ingrosso con la garanzia di riempire solo ed esclusivamente i barili validati e marcati dal municipio e con la certezza di versarne esattamente 44 litri.
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— Pasquale Mancino