Di Assunta Esposito – La notte degli Oscar
“ Poche sorprese, un minuto di silenzio per L’Ucraina e uno schiaffo in diretta”.
Si, perché più che parlare di tutti i film che sono entrati nella short list delle nomination a questo prestigioso premio ciò che oggi divide il popolo dei cinefili mondiali è lo schiaffo in faccia che Will Smith ha sferrato durante la premiazione al comico Chris Rock, colpevole di aver schernito sul palco del Dolby Theatre la moglie Jada Pinket Smith affetta da un’alopecia e per tale motivo costretta a rasarsi a zero i capelli alla “G.I. Jane”.
L’insulto che ha accompagnato lo schiaffo sul palcoscenico ha tolto ogni dubbio sul fatto che si trattasse di uno scherzo: “Tieni il nome di mia moglie fuori dalla tua fottuta bocca” ha detto due volte Will Smith mentre la censura bloccava l’audio. Pochi minuti dopo l’alterco, Will è tornato sul palco a ritirare il premio, e lì, visibilmente commosso, ha offerto una parziale spiegazione paragonandosi a Richards Williams, il padre delle star del tennis Venus e Serena Williams, nei cui panni era entrato per il ruolo di King Richard in Una famiglia vincente: King Richard diretto da Reinald Marcus Green che gli ha fatto vincere il primo premio Oscar alla carriera.
“La vita imita l’arte. L’amore ti fa fare pazzie” ha detto l’attore con le lacrime agli occhi scusandosi “Richard era un feroce difensore della famiglia”, sottolineando quanto sia difficile vivere a Hollywood e fare finta di niente nonostante tu venga insultato. L’alterco choc in diretta ha diviso Hollywood e non solo. Alcuni hanno detto: “Vedo un nero che difende la moglie, la cosa più bella del mondo”, altri hanno analizzato il suo comportamento classificandolo tra quelli più possessivi e patriarcali del momento. Gabriele Muccino che conosce molto bene Will Smith per averlo diretto due volte nel 2006 in “La ricerca della felicità” e due anni dopo in “Sette anime” si è dispiaciuto molto di come l’attore abbia rovinato la serata più importante della sua vita, andando subito a ricercare i pregressi del suo nervo scoperto. Certo è che Will Smith rischia di perdere il suo primo Oscar alla carriera. La decisione dell’Academy che ha regole severe di comportamento, è ancora da prendere, e infatti gli organizzatori hanno già fatto sapere che “non condonano nessun atto di violenza”.
Ma torniamo alle premiazioni. E’ stato l’outsider, “ il piccolo film dal grande cuore” cosi com’è stato definito CODA – I segni del cuore, diretto da Sian Eder che ha vinto l’Oscar più ambito, ossia quello a miglior film , prodotto dalla piattaforma streaming Apple TV + che per esso ha sborsato venticinque milioni di dollari. Un film dolcissimo e tenerissimo che parla ancora di famiglia. Nato come remake della Famiglia Béliere narra la storia di una famiglia di non udenti in cui l’unica figlia udente coltiva il sogno di studiare musica ed è costretta a farsi strada da sola. Il film è stato premiato anche per la migliore sceneggiatura non originale, e per il miglior attore non protagonista Troy Kotzur realmente non udente. L’attore ha devoluto i soldi del premio alle associazioni dei non udenti e della disabilità. “E’ il nostro momento” – ha detto – brandendo la statuetta. Che il premio sia stato vinto dalla casa di produzione Apple TV+ la quale, come piattaforma streaming, ha conteso dopo anni di investimenti ad Amazon e a Netflix il prestigioso premio e il successo del suo film, diventando la prima piattaforma vincitrice ad Hollywood è un fatto destinato a lasciare un segno in tutto il settore.
Vince l’oscar come miglior regia Jane Champion che ha diretto Il potere del cane – la Champion alla sua seconda nomination, già vincitrice dell’Oscar con Lezioni di Piano nel 1993, ci presenta una narrazione sulla ‘mascolinità tossica’ , ambientato nello Stato del Montana del 1924 e tratto dal romanzo western di Thomas Savage pubblicato nel 1967. Il potere del cane rappresenta l’inconscio, il luogo sommerso del rimosso cui aggressività ed eros assoggettano l’individuo e lo rendono ostaggio di un groviglio pulsionale di impossibile risoluzione. Il titolo Il potere del cane è stato scelto per citare il Salmo della Bibbia che dice: Salva l’anima dalla spada, salva il cuore dal potere del cane. Chi ha una cultura religiosa sa cosa significa questo salmo, nel suo significato profondo.
Tuttavia nonostante le numerose candidature Il potere del cane ha ceduto il primato a Dune che ha portato a casa ben sei statuette, sebbene tutte di natura tecnica: miglior fotografia a Greig Fraser, miglior colonna sonora ad Hans Zimmer e poi, sonoro, montaggio ed effetti speciali.
Vince il premio come miglior sceneggiatura il film di Kenneth Branagh Belfast la storia di una famiglia irlandese durante la guerra tra Ulster ed Eire, negli anni 60. Per Kenneth Branagh siamo alla seconda nomination dopo quella dell’89 con Enrico V.
Per Steven Spielberg con il suo West side story vince l’ambita statuetta Adriana De Base come miglior attrice non protagonista, super impegnata sul tema dei diritti civili e della comunità LGBTQ+. Per Spielberg siamo alla ottava nomination con due statuette alla regia vinte con Shindler’s list, 1994 e Salvate il soldato Ryan, 1998.
Infine è Drive my car del giapponese R. Hamaguchi a lottare con il film E’ stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, e ad aggiudicarsi l’oscar con miglior film internazionale. Un film intimista ed esistenziale sulle relazioni di coppia, il senso della vita e della morte con sullo sfondo i drammi di Checov. Terzo regista giapponese candidato come miglior regia nella storia degli oscar, gli altri sono stati Hiroshi Teshigahara con La donna di sabbia del 1964 e il grande Akira Kurosawua con RAN del 1985.
L’Italia non porta a casa nessun premio, nonostante abbia partecipato anche con un film di animazione e con dei costumi bellissimi nel film Cyrano.
Infine Jessica Chastain vince il premio come miglior attrice protagonista con Gli occhi di Tommy Faye, diretto da Michael Showalter, contendendolo in una lotta piuttosto difficile a Nikole Kidman, Penelope Cruz, Oliva Colman e Kristen Stewart.
Assunta Esposito