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59 anni fa, la tragedia della motonave Nunzia Parrello; 3 marittimi montesi persero la vita ed 1 riuscì a salvarsi

Il 5 aprile del 1962, sulle coste della Liguria, imperversava una tempesta di vento e mare grosso che impediva la navigazione.

Dal porto mercantile di La Spezia, però, la motonave da carico Nunzia Parrello uscì lo stesso per dirigersi a Cagliari con un carico di 515 tonnellate di merci varie costituito da farina, pasta alimentare, mattonelle, tondini di ferro e due trattori.

La motonave Nunzia Parrello, precedentemente chiamata Maddalena, venne costruita nel 1910 come unità passeggeri, faceva la tratta dalla Liguria alla Sardegna, poi nel dopoguerra venne utilizzata invece come unità da carico.
Era una nave di 519 tonnellate di stazza, lunga 51 metri ed era iscritta al compartimento di Napoli, il proprietario era il napoletano Emilio Parrello.

Il comandante della nave era il montese Gennaro Scotto d’Antuono, di ventinove anni, ed era al suo primo comando e stava a bordo solo da poche ore in sostituzione del com. Luciano Dinelli di Viareggio che aveva chiesto di essere sbarcato per qualche tempo.
Insieme al comandante, a bordo, vi erano altri 3 marittimi montesi, 1 bacolese, 2 sardi ed 1 spezzino. In tutto erano 8 uomini ed un nono componente dell’equipaggio, un altro montese, era in licenza per ragioni familiari.

La lista dell’equipaggio era così composta:

Comandante: Gennaro Scotto d’Antuono, 29 anni, Monte di Procida;
1° ufficiale di coperta: Armando Schiano di Cola, 40 anni, Monte di Procida;
1° motorista: Giancarlo Pica, 36 anni, La Spezia;
2° motorista: Salvatore Costagliola, 31 anni, Bacoli;
Marinaio: Giuseppe Schiano di Cola, 53 anni, Monte di Procida (cugino del primo ufficiale);
Marinaio: Giovanni De Mura, 32 anni, Palau;
Giovanotto di coperta: Francesco Coppola, 18 anni, Monte di Procida;
Mozzo: Francesco Sanna, 23 anni, Porto Torres.

La Nunzia Parrello, uscì dal porto verso le ore 18, iniziò a navigare a moto lento ed impiegò giusto qualche ora per raggiungere l’area di mare ancora illuminata al faro dell’Isola del Tino, per poi subire l’esito di una tempesta.

D’improvviso il mare, già molto agitato, divenne ancora più forte. Era, come si dice in gergo marinaresco, un mare lungo, cioè a ondate non molto alte ma ad effetto prolungato. Il carico era sistemato sia in coperta che nella stiva. In coperta erano stati assicurati su entrambi i lati del ponte i due trattori e parte dei tondini di ferro per cento tonnellate circa.

Fino a quando la nave tagliava le onde di prua non vi erano grossi problemi, ma sotto l’effetto della violenta forza del mare, il carico cominciò a scricchiolare e quando una grossa ondata investì la nave sul fianco destro, il carico, nonostante fosse saldamente ancorato, si spostò e ruppe il boccaporto della stiva per cui la nave incominciò ad imbarcare acqua, inclinandosi sul fianco sinistro.

A quel punto il comandante ordinò di virare per tornare indietro, poi ordinò ai macchinisti di mettere macchina adagio e corse al radiotelefono lanciando il primo S.O.S. e lasciando poi l’incarico della radio al Costagliola che non smise di richiamare fin quando Genova-Radio non comunicò di aver ricevuto la richiesta di soccorso.

Ma la nave imbarcava molta acqua ed era prossima ad affondare per cui il comandante, nella speranza di ricevere presto i soccorsi, grido: “Non c’è più niente da fare. Gettatevi in mare e cercate di restare uniti“.

Il comandante cercò anche di dar fuoco a segnali luminosi di soccorso, ma non ebbe più il tempo di farlo ed ordinò con forza: “…si salvi chi può!“.

Intanto da Genova la richiesta di soccorso venne girata al porto di La Spezia dove l’ufficio operativo mandò in mare 3 dragamine: Platano, Castagno e Quercia che giunsero sul punto indicato circa 1 ora dopo, verso le 21:30. Il mare grosso ed il buio della notte rendevano difficoltose le ricerche nonostante i potenti fari dei dragamine.

Poco dopo le 22 dai mezzi di soccorso si udirono grida di aiuto. I fari dei dragamine illuminarono una scialuppa di salvataggio sulla quale vi erano 3 uomini della Parrello che stavano disperatamente lottando contro le imponenti onde del mare.
Attraverso delle funi i 3 superstiti riuscirono a salire a bordo dei mezzi di salvataggio, essi erano Salvatore Costagliola, Francesco Sanna ed il montese Giuseppe Schiano di Cola.

3 dei 4 superstiti: Giuseppe Schiano di Cola, Salvatore Costagliola, Francesco Sanna all’ospedale di La Spezia

I tre raccontarono che si trovavano sulla poppa quando udirono l’ultimo ordine del comandante e speravano che una parte della nave rimanesse a galla come un isolotto. Fortunatamente si trovarono a portata di mano una delle due scialuppe di salvataggio che aveva un sostegno spezzato.
Il Sanna staccò anche l’altro sostegno, la barca si adagiò nell’acqua e trovandosi sotto vento ebbero la possibilità di allontanarsi velocemente dalla zona del naufragio.
Un attimo prima avevano visto il comandante e gli altri compagni gettarsi in acqua.

Le ricerche degli altri naufraghi continuarono ed intorno alle 23 venne tratto in salvo anche il primo motorista Giancarlo Piga che si trovava in acqua allo stremo delle forze, attaccato al suo salvagente.
Successivamente venne avvistato un altro marinaio, si trattava proprio del comandante montese Gennaro Scotto d’Antuono, aggrappato al suo salvagente, ma ormai senza vita, morto per assideramento.

Le ricerche continuarono fino al pomeriggio del 6 aprile ma gli altri 3 uomini dell’equipaggio: il sardo Giovanni De Mura ed i montesi Armando Schiano di Cola ed il giovanissimo Francesco Coppola, non vennero mai più ritrovati.

I 4 superstiti vennero trasportati all’ospedale di La Spezia, ma solo il Piga venne ricoverato per un inizio di assideramento dovuto alla lunga permanenza in acqua. Gli altri 3, tra i quali il  marinaio, nostro compaesano, Giuseppe Schiano di Cola, vennero dimessi il giorno seguente avendo riportato solamente uno choc psichico, conseguenza dello spavento.

Il montese Giuseppe Schiano di Cola ed il sardo Francesco Sanna

Già quattro anni prima, la Nunzia Parrello, aveva rischiato di naufragare nel canale di Sardegna, sempre a causa del mare grosso e per lo spostamento del carico che la fece inclinare su di un fianco. All’S.O.S. accorse una nave postale che posizionandosi sopravvento fece da scudo alla Parrello.

Un naufragio che resta un mistero perché non è ancora molto chiara quale sia stata la reale dinamica dei fatti. Le testimonianze dei superstiti furono discordanti e non venne mai accertato del tutto il motivo per cui quella motonave fosse affondata e quale fosse il punto preciso dell’affondamento.

Nel 2018, un sommozzatore ligure, un vero Indiana Jones del mare, a caccia di relitti, ha individuato una “montagna di ferro” in fondo al mare ed ha poi scoperto che si trattava proprio della Nunzia Parrello. Il sommozzatore, assieme ai suoi collaboratori, non è nuovo a svelare questi misteri del mare ed ha deciso di provare a capire quale sia stato il vero motivo dell’affondamento di questa motonave in cui persero la vita 1 sardo e 3 marittimi montesi di cui uno appena 18enne.

La Nunzia Parrello sul fondo del mare. 2018
La Nunzia Parrello sul fondo del mare. 2018

Riposate in pace ragazzi!

with <3
–Pasquale Mancino

 

 

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