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Una finestra sul mondo: Lucienne Perreca racconta “La mia Monte di Procida”

Lucienne Perreca – foto di Plinio Cardella

Quando mi è stato chiesto di scrivere qualche riga sulla mia vita legata a Monte di Procida, non ho potuto fare altro che accettare ed esserne contenta.

Monte di Procida è stata la mia casa, sono cresciuta a Monte di Procida, e sono cresciuta grazie a Monte di Procida. Non importa dove io mi trovi adesso, importa cosa mi ha portato fin qui e i ricordi che mi hanno accompagnata durante il viaggio. Ricordo che camminavo scalza sulle piastrelle grigie tutte diverse del Supermercato Idea, quando nessuno poteva vedermi perché mi piaceva la sensazione delle mattonelle fredde sotto i piedi. Adoravo studiare sulla cassa e lasciarmi distrarre dai clienti, ma soprattutto adoravo quei momenti dell’anno in cui mi sentivo invincibile, perché potevo usare il supermercato come sponsor, come luogo di incontro, luogo di studio, posto di sfogo, di distrazione e di tentazione.

Il mio primo Ricordo di Monte di Procida va quindi al Supermercato Idea, grazie al quale ho avuto la possibilità di vivere il paese fin da quando ero piccola. Ricordo l’asilo e le gomme da masticare che la mia “migliore amica” m’impasticciava nei capelli perché i miei erano lunghi e i suoi erano corti.

Ricordo il sapore delle polpette buonissime (quando mangiavo ancora carne) del lunedì, cucinate da Michela, all’epoca cuoca del Mickey Mouse. Ricordo caldamente le elementari a Dante Alighieri, quando tutte le mie amiche erano ancora sulla Terra, e aspettavamo con ansia di passeggiare per le vie Montesi per giudicare quale balcone fiorito fosse il più bello (io votavo sempre la signora del balcone di fronte al Faro).

Ricordo quando la Maestra Lucia mi spiegò la differenza tra i verbi “entrare” e “trasire” coniugandomeli entrambi e ricordo quando la Maestra Assunta ci terrorizzava tutti con una sola mossa: spegnendo la luce (e assieme a lei, ci spegnevamo un po’ anche noi). Ricordo che quando entravo in palestra in piazza, facevo una corsa diretta sul tabellone appeso alla destra dell’entrata stessa perché volevo vedere se la foto della squadra di basket a cui appartenevo fosse ancora attaccata lì nonostante il tempo trascorso, ricordo che avevo paura di andare negli spogliatoi perché ero sicura che ci fossero gli spiriti, li sentivo sulla pelle.

Ricordo di quanto mi sentivo bella con Brigitte con quei vestiti da “can-can” nel ballo sullo step al Chige e l’imbarazzo che ho provato quando ruppi una sedia per fare un balletto di latino americano per il saggio al California. Ricordo il catechismo sulla Panoramica, quando la maestra Renata sgridava me e Daniela perché ci faceva ridere dire “oinc oinc” e non riuscivamo a fermarci (lì è nata la nostra pazzia che ci tiene unite come sorelle tutt’oggi).

Ricordo il corso del coro con Rosaria e quanto amavo le domeniche d’estate in chiesa Sant’Assunta perché la maggior parte dei bambini si assentava e anche se avevo paura di rispondere
alle domande di Don Gianni, non vedevo l’ora di scegliere le canzoni da cantare con Adele in completa autogestione. Ricordo con affetto Suor Teresa, Suor Rosaria, Suor Angela. Ricordo che a Monte di Procida ho imparato a cucire, punto a croce e punto a catenella, a cucinare i biscotti a limone a casa di Letizia e ho imparato che per fare gli aquiloni del primo maggio bastano un po’ d’acqua e farina che fanno da colla, il che è ancora incredibile per me. Ricordo che la mia passione per il piano è nata grazie al talento della prof Rita Schiano e la mia passione per la matematica per l’immensa bravura della professoressa Loredana.

Monte di Procida ha sempre trovato il modo per stare al centro della mia attenzione, non solo d’inverno, ma anche d’estate con le feste, la sagra, la processione, i concerti e i giochi di Vivi l’Estate. Ricordo la sera della grande abbuffata dove in pochi secondi ho dovuto improvvisamente far fuori un piatto intero di cioccolata e ricordo l’ansia prima di recitare in “Buona la Prima“ e quei maledetti archetti che non funzionavano mai. Ricordo che l’anno in cui vincemmo ma fummo penalizzati perché esultammo troppo.

È stato a Monte di Procida che ho iniziato a fare teatro, in occasione del centenario, quando alle scuole medie Amerigo Vespucci, il professor Gianni Iliano mi affidò la parte della bambina che doveva chiedere alla nonna la storia di Monte di Procida e l’anno dopo ne “La vera storia della guerra di Troia” dove recitavo nei panni di Ecuba. È lì che la mia passione per il teatro è nata, ma poi è cresciuta sempre di più, non solo grazie al Professor Salemme, ma anche grazie alle associazioni teatrali del territorio che mi hanno tenuta sempre attiva.

Prima nei “Facci Caso” e poi in “Archè”, associazione teatrale di cui faccio ancora parte. Qui ho incontrato compagni di viaggio, amici, amori, la mia famiglia teatrale. Qui sono cresciuta e ho iniziato a conoscere i miei sogni attraverso persone che già me li stavano facendo vivere. Il bisogno di allargare i miei orizzonti, è nato proprio perché volevo avere la possibilità di avere più strumenti per divertirmi: infatti avevo deciso di partire, solo per ritornare.

Per questo motivo, mi piace sempre raccontare questo piccolo aneddoto: circa due anni fa, in seguito al “Sindaco del Rione Sanità” sono stata candidata al Premio Virginia Reiter come miglior attrice italiana under 35, e quando al Teatro Argentina mi chiesero “Lucienne Perreca, qual è il tuo sogno più grande?”, io risposi: “Il mio sogno più grande è continuare a sognare con l’associazione teatrale Archè, con i miei amici, compagni di viaggio. Vorrei creare progetti, andare in tournée con loro e fondare una vera e propria compagnia teatrale sul territorio flegreo”.

Da quando ho pronunciato queste parole è passato del tempo, ma posso giurare che il mio desiderio è sempre lo stesso perché credo davvero nelle potenzialità di ciascun artista presente sul territorio flegreo e trovo straordinario che ognuno di noi in qualche modo abbia intrapreso questa strada. Non nascondo che questo periodo di lockdown in cui sono stata costretta a stare dentro casa è stato positivo, perché mi ha permesso di uscire fuori da me stessa attraverso il confronto e di scoprire che il Sogno, non era solo il mio e che ricordi nel cuore, non ne avevo solo io.

Infatti non ero la sola a ricordare il profumo di legno misto a polvere appena si varcava la porta del Lab, non ero la sola a ricordare la voglia di pulire per renderlo un posto migliore, infatti non ero la sola a rompere aspirapolveri nel vano tentativo di far sembrare il tutto meno grigio, non ero la sola a sturare i bagni, a pittare e a divertirmi come una forsennata. Non ero la sola ad essermi innamorata lì dentro. Abbiamo così cercato di creare un progetto al fine trasformare il “Laboratorio delle arti” in un vero e proprio polo culturale flegreo e il mio cuore è sempre in fermento.

Ogni giorno che passa, mi fa credere sempre di più nella realizzazione di tutto ciò perché non ho mai smesso di pensare che non è solo la bellezza del luogo e il cibo caratteristico del posto a fare di Monte di Procida il paese che è, ma sono soprattutto le persone che la abitano a crearla e a farla crescere, generando nel prossimo ricordi intensi, che formano e condizionano scelte future alimentando sogni, proprio così come hanno fatto con me.

Lucienne Perreca


Tutti i racconti di Una Finestra sul Mondo. A cura di Monica Carannante

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