Nonna Maria e la pizza di farinella rossa
A Angela mia madre e ai miei zii Carmela, Raimondo, Michele e Franca
Accade tra l’autunno e la primavera del 2020 che il mondo si ferma… a motivo di un nuovo virus, di cui non si conosce nulla. Per evitare un contagio di massa che avrebbe potuto portare al collasso il sistema sanitario nazionale, i governi decidono per il lockdown: tutto chiuso, fabbriche, cantieri, scuole, palestre, parchi. Si deve evitare la circolazione di persone. Improvvisamente la vita frenetica si ferma. Chiusi in casa 24 ore su 24 con i propri familiari, quando si è fortunati…
Non ero mai stata così tanto tempo ferma, inevitabilmente affiorano i ricordi…
Da piccola, come tutti i bambini, amavo stare con i miei nonni, quelli materni, ero l’ultima arrivata dei loro nipoti che vivevano in Italia, gli altri, quelli nati dopo di me, erano negli Usa. Mi riempivano di attenzioni, indelebili carezze dell’anima. Spesso dormivo con loro in campagna, a Montegrillo così è comunemente conosciuta la parte più alta di via Panoramica a Monte di Procida. Lì i miei zii, che per lavoro vivevano all’estero, avevano comprato casa e terreno. Ancora ricordo la bellezza della campagna di buon mattino: le gocce di rugiada sull’erba, l’odore della terra bagnata, il chiocciare delle galline, il grugnito dei maiali e il profumo del caffè che mia nonna preparava nella caffettiera napoletana. Avevo solo 5 anni quando mio nonno ci lasciò, eppure i miei ricordi sono vivissimi. Da quel momento in poi mia nonna, rimasta sola, divenne una figura costante della mia vita…
Classe 1918, nonna Maria, era nata e cresciuta a Bacoli, nella periferia distante dal centro storico, zona Torre di Cappella, il cui toponimo ha origine nel medioevo. Infatti in quell’area, c’era una torre a difesa della grancia (terreno agricolo esteso sull’ampio territorio dell’attuale Cappella e salita Torregaveta) appartenente all’Abbazia napoletana di santa Maria ad Cappellam.
Mia nonna era figlia di Michele Lucci detto U’Mssut, bracciante agricolo e di Carmela Costagliola, figlia di proprietari terrieri di Cappella. Vivevano in una vasta campagna a Torre di Cappella, ereditata dalla madre. Si trasferì a Monte di Procida dopo aver sposato nonno Francesco della famiglia Illiano, detti Ramunn, (a Bacoli e a Monte di Procida, si usano gli agnomi per individuare e riconoscere le famiglie). Anche lui era figlio di contadini, di Raimondo e Angela Race, conosciuti a Monte di Procida per la produzione del buon vino. Si erano incontrati sul finire degli anni trenta, a Monte di Procida, durante la solennità dell’Assunta, alla quale nonna Maria era devota.
La generazione dei miei nonni è quella che ha vissuto in pieno lo sviluppo socio economico del territorio montese. Nonno Francesco, infatti iniziò a lavorare giovanissimo sulle barche di piccolo cabotaggio che trasportavano pozzolana e pietre di tufo nelle isole del golfo. Fu proprio l’attivita’ estrattiva che diede, nella prima metà del novecento, un impulso maggiore allo sviluppo della marineria montese, definita dagli storici locali, la flotta dei miracoli.
I nonni abitavano, dunque a Monte di Procida, in una casa, acquistata, dopo il matrimonio, a via Turazzo. Quel quartiere è comunemente conosciuto come N’Gopp u Munument, da quando nel 1932, fu inaugurato il Monumento ai caduti dal sindaco Roberto Tozzi. Il monumento, opera di Giuseppe Mormone (Napoli 1875 – 1945) fu commissionato, nel 1925, dall’amministrazione precedente guidata dal primo sindaco di Monte di Procida Michele Coppola (Monte di Procida 1874 – 1956).
Anche nonna non seguì le orme dei suoi genitori, anzi lavorare nei campi non era la sua passione, quindi si dedicò alla filatura del lino e al ricamo. Tra Bacoli e Monte di Procida, l’eccellente produzione tessile, in lino e misto lino, perlopiù intimo e servizi da tavola e bagno, ebbe risonanza al di fuori del comprensorio flegreo e per molte famiglie divenne anche un’attività remunerativa.
Nonna Maria non era una grande cuoca eppure preparava delle pietanze uniche. Tra quelle che preferivo c’era la pizza di Farinella rossa, come la chiamava lei: un composto di farina di mais, uova, ciccioli, sugna, aromatizzato al finocchietto selvatico. Una volta amalgamati gli ingredienti, il composto veniva fritto in padella.
La “pizza” era una pietanza tipicamente contadina, del nostro territorio. Il territorio flegreo e in particolare l’area di Bacoli, Monte di Procida e Procida, dal VI secolo d.C in poi e fino al XIX secolo, per congiunture storiche, ebbe una destinazione prettamente agricola. In questa pietanza c’è tutto il “sapore” della memoria contadina, i cui ingredienti erano facilmente reperibili.
I nostri antenati praticavano un’ agricoltura di sussistenza, alla quale associavano l’ allevamento di animali da cortile: galline, conigli, maiali, in qualche caso anche bovini. La buona esposizione al sole, permetteva la piantumazione di agrumi, la terra di origine vulcanica e le sue particolari qualità favorivano la viticoltura con conseguente produzione di un vino eccellente, inoltre indispensabile era la messa a coltura di frumento per la panificazione e degli ortaggi. Non meno importante era la produzione di mais, utilizzato, fondamentalmente, per sfamare maiali e galline e con le foglie produrre giacigli per la notte. La farina di mais, spesso, diventava un alimento ad alto contenuto calorico per la famiglia contadina che doveva affrontare il duro lavoro dei campi. La terra offriva ed offre una gran quantità di finocchietto selvatico, tanto che uno dei siti archeologici di Bacoli, la Grotta della Dragonara fu chiamata dagli eruditi del passato il “Bagno dei finocchi”, per il profumo che il finocchietto selvatico, cresciuto, negli anfratti di luce, diffondeva nell’ambiente e pensando che quella grotta fosse una delle tante strutture termali, sparse nel territorio. La Grotta della Dragonara, situata ai piedi di Capomiseno è una cisterna romana di epoca repubblicana che alimentava un’antica villa marittima la cui proprietà è stata attribuita, dalle fonti letterarie, al ricchissimo personaggio politico de I secolo a.C Licinio Lucullo. Ogni volta che mi capita, per motivi professionali, di entrare in questo luogo e di raccontarne la storia, mi riaffiora alla mente il ricordo di nonna Maria e della sua pizza di farinella rossa…
Ciò che nella vita rimane non sono i doni materiali, ma i ricordi dei momenti che hai vissuto e ti hanno fatto felice. La tua ricchezza non è chiusa in una cassaforte, ma nella tua mente. È nelle emozioni che hai provato dentro la tua anima (Alda Merini)
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