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Maria Chiocca, “Pozzuoli: dall’Ospedale di Tripergole al Santa Maria delle Grazie, una storia di straordinaria carità”

Pozzuoli: dall’Ospedale di Tripergole al Santa Maria delle Grazie, una storia di straordinaria carità

Tributo al personale sanitario del territorio flegreo

L’ospedale Santa Maria delle Grazie è il punto di riferimento sanitario del territorio flegreo e dei comuni limitrofi.  Negli ultimi anni la struttura sanitaria è in continua evoluzione grazie al lavoro sinergico tra direttori, operatori sanitari  ed enti regionali preposti. La presenza di eccellenze sanitarie, nell’ambito ospedaliero, ha permesso il costituirsi di un centro Covid, per fronteggiare, dignitosamente, l’emergenza sanitaria di questi mesi. Purtroppo, come è accaduto per altre strutture ospedaliere italiane, anche nel nosocomio puteolano si è sviluppato, in uno dei reparti, un focolaio epidemico di Covid 19, contagiando operatori sanitari e pazienti. La notizia è stata divulgata dai sindaci dei comuni flegrei, preoccupati per la ricaduta che il contagio avrebbe avuto sulle proprie comunità di riferimento; amareggiati, hanno dichiarato che, accertate le responsabilità, saranno presi dovuti provvedimenti. Nel momento in cui la notizia si è diffusa, si sono scatenate sui social, le  polemiche dei cittadini ormai stanchi della quarantena, alcune di queste hanno offeso, però,  il già provato ed esausto personale sanitario che da quando è iniziata l’epidemia, lavora con ritmi serrati per salvare vite umane.

Lavorare nel campo sanitario, non è da tutti, ci vuole una buona dose di altruismo e un grande senso di responsabilità, nonché l’orgoglio di appartenere ad una comunità medico sanitaria di antichissime origini…

La storia sanitaria dei Campi Flegrei affonda le sue radici in un passato molto lontano. Il territorio flegreo, per la particolare caratteristica vulcanologica, era ricco di fonti idrotermali i cui effetti benefico-curativi furono sperimentati prima dai Greci e poi dai Romani. Questi ultimi si adoperarono nel miglioramento della loro fruizione, attraverso la costruzione di  grandi complessi termali, dislocati su tutto il territorio.

In seguito alla caduta dell’impero Romano d’occidente (476 d.C), alle  invasioni barbariche, a guerre, devastazioni ed eventi sismici importanti, il termalismo flegreo fu abbandonato per un lunghissimo periodo; riprese la sua regolare attività a partire dal XIII secolo. Con la fondazione della scuola medica salernitana e gli studi sulle proprietà curative delle acque termali, l’approccio al termalismo acquistò una dimensione medico-sanitaria. Il De Balneis Puteolanis, scritto da Pietro da Eboli tra il 1211 e il 1221 in onore del Sol Mundi Federico II di Svevia (1194-1250) che frequentò le terme puteolane per curarsi, è un trattato che celebra le proprietà termominerali delle acque flegree e i suoi effetti curativi. Il luogo più rinomato del termalismo flegreo fu il villaggio di Tripergole, noto, per la presenza di circa 18 fonti, distribuite su un vasto territorio, di cui oggi si conosce ben poco. Completamente cancellato dall’eruzione del 1538, che portò alla formazione di Monte Nuovo, il villaggio di Tripergole, con molta probabilità, si estendeva tra Arco Felice, Lucrino e Toiano.

Con gli Angioini e gli Aragonese, il villaggio visse una importante rinascita: fu trasformato, gradualmente, in un vero e proprio complesso ospedaliero, con strutture sanitarie e recettive, con la cappella, una Speziària (farmacia) e tre osterie, quest’ultime utilizzate da utenti benestanti per l’approvvigionamento di cibo e bevande. Ispirato alla tradizione dello xenodochio orientale, esso offriva ospitalità gratuita ai forestieri e ai poveri bisognosi di cure. Carlo II d’Angiò (1285-1309) si orientò in questa direzione quando, con provvedimento del  5 settembre 1298, vi fondò il complesso ospedaliero di Santo Spirito, detto anche di santa Marta, per l’omonima cappella. Lo pose alle dipendenze dell’Ospedale di Santo Spirito in Saxia di Roma (fondato nel XII sec.), affidandolo alle cure dei frati Ospedalieri dello stesso Ente. L’esperienza sanitaria associata allo slancio caritatevole degli ospedalieri di Santo Spirito, il cui principale operato era l’assistenza ai poveri e agli ammalati, dovette convincere Re Carlo II a destinarli alla buona gestione del complesso puteolano, che si manteneva grazie a rendite proprie, benefici regi e elargizioni vescovili.

Con il governo Aragonese (1443-1501), il complesso di Tripergole continuò ad essere attenzionato dai sovrani , affinchè conservasse integro l’afflato caritatevole verso il prossimo più bisognoso, per il quale era stato fondato. Secondo lo statuto di fondazione, l’ente era controllato e amministrato da due uomini scelti dal sovrano. Nel 1477 Re Ferdinando I d’Aragona, li scelse tra i governatori della Real Santa Casa dell’Annunziata, ponendo le basi per il passaggio definitivo dell’ospedale puteolano all’Ente Napoletano nel 1507. (La Santa casa dell’Annunziata fu fondata nel XIV secolo dalla Congregazione della Santissima Annunziata (1318), con lo scopo di curare l’infanzia abbandonata e gli aspetti  connessi ad essa; gestita dalla regina Sancia d’Aragona d’Angiò, dal 1343 acquistò il titolo di Real santa Casa).

In seguito al terremoto del 1538, il complesso ospedaliero di Santo Spirito di Tripergole, venne completamente distrutto;  alla fine dello stesso secolo, fu ricostruito nelle adiacenze di piazza Capomazza (quadrivio dell’Annunziata), dove, probabilmente, vi era già una piccola cappella del XIV secolo dedicata all’Annunziata. Contemporaneamente, nel borgo dei pescatori (centro storico di Pozzuoli), adiacente alla Chiesa di santa Maria delle Grazie, una confraternita di laici fondò l’omonimo ospedale per assistere i malati che andavano alle terme flegree. Questo xenodochio gradualmente prese il posto di quello di Santo Spirito, chiuso nel XVIII secolo perchè non più sufficiente alle esigenze del tempo.

L’ospedale santa Maria delle Grazie, da quel momento in poi, restò l’unico riferimento sanitario della popolazione locale. In seguito al bradisismo di tipo discendente del sette/ottocento, lo xenochio puteolano, fu spostato.  Dal 1872 al 1970 la sede  fu Palazzo Toledo (ex residenza del vicerè spagnolo don Pedro Alvarez de Toledo, costruito tra il 1538 e il 1541, oggi sede del Polo Culturale). Dopo il bradisismo degli anni settanta, forte fu l’esigenza di un luogo per il primo soccorso per cui l’ ospedale fu spostato su via Antiniana, in zona Solfatara nei pressi dell’ Aeronautica, in un’area appartenente presumibilmente alla  Croce Rossa italiana. Successivamente al bisogno di uno spazio più ampio in grado di accogliere una utenza maggiore, fu destinato un terreno, nell’area tra Arcofelice Vecchio e Monteruscello, oggi conosciuto come località la Schiana. Dalla seconda metà degli anni ottanta l’area divenne la sede definitiva dell’ ospedale puteolano. Il resto è storia dei nostri giorni…

Tra il trecento e seicento dunque, a Pozzuoli come nel resto della Campania, si assiste alla fondazione di istituzioni benefiche, chiamate xenodochi, il cui scopo era l’accoglienza gratuita e l’assistenza ai più deboli, quali orfani, poveri, infermi. Tali istituzioni ebbero origine in seno alla chiesa, alle sue forme aggregative, come congreghe laicali, ordini monastici e dalla pietà religiosa dei sovrani che contribuirono economicamente al loro sostentamento. In un tempo in cui forte era la componente valoriale cristiana, uomini e donne si impegnarono a mettere in pratica il più grande dei comandamenti: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici (Gv 15,12-13). Seguire la legge dell’amore produceva i suoi effetti benefici. Attraverso gli addetti alle cure, l’amore circolava in tutte le sue forme dall’accoglienza al servizio senza riserva, dalla cura del corpo alla consolazione dell’anima.  Gli ospiti/degenti ottenevano, non solo la salute del corpo ma una vita rigenerata, sana ed equilibrata.

Nonostante i riferimenti valoriali siano cambiati, credo che ancora oggi, il fine ultimo della degenza ospedaliera è, quando possibile, restituire al paziente una vita sana ed equilibrata, persa a causa della malattia. Gli operatori sanitari si impegnano perché questo accada, il loro impegno va oltre la professione, è un impegno pienamente umanano, fatto di emozione, compassione (dal latino cum patior – soffro con, condividere la sofferenza) per il prossimo sofferente.  È dono totale, a volte estremo, di se stessi verso la comunità che li definisce,ultimamente, angeli ed eroi.

Non sono né angeli, né eroi, sono uomini e donne che vivono, consapevolmente o inconsapevolmente, la dimensione della carità nel servizio al prossimo, eredi di quella secolare tradizione ospedaliera che ha caratterizzato la nostra storia.

Maria Chiocca

R. Giamminelli, l’ospedale di Santo Spirito e la chiesa di santa Marta a Tripergole e a Pozzuoli, Proculus,rivista della diocesi di Pozzuoli, Anno LXVII, 1992,n.1, testo consultato nella biblioteca di lux in fabula
M.Chiocca, ambienti ed oggetti dell’accoglienza nei secoli XIV-XV attraverso il codice di Santo Spirito, anno accademico 2001-2002, tesi di laurea
Teresa Filangieri Raviereschi Fieschi, Storia della carità Napoletana
Ringrazio la Prof.ssa Simona Pollio per le informazioni relative all’ospedale S.M.delle Grazie nel periodo contemporaneo.

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