La microrecensione di Astolfosullaluna – Dicembre (II)
L’animo forte che non abbiamo
Il coraggio di parlare del proprio male oncologico
Il libro di Vincenzo Schiano di Cola
“La paura di morire non mi abbandonerà più. Certo, è una paura che abbiamo tutti, ma per me iniziava a essere un concetto differente: […], se morissi per questo tumore mi sentirei sconfitto e quindi la paura della morte si è mutata in timore di darla vinta a una entità ben precisa. Un’entità che per me aveva già il suo nome: Strunz.”
citazione dal testo, pag. 73
Avete mai visto, voi che leggete, un libro diverso, particolare, scritto con una penna diversa da tutte le altre e, per giunta, scorrevole, facile, accattivante? Un libro di poche pagine, un centinaio, ma dense e scritte non per entrare nel Purgatorio degli scrittori, ma solo per dire una cosa che pochi hanno mai messo sulla pagina? E il cui ricavato andrà ad Associazioni impegnate contro la sofferenza. Una favola di Natale, insomma, se non fosse per la durezza di quanto racconta, con la semplicità dell’incertezza aperta all’attenzione degli altri, di chi legge e può meditare, sulla vita, sugli agguati che a volte essa ti tende. Un testo che Astolfo ha visto per caso su questo sito e preso in libreria, scegliendo quelli da mandare ad amici in queste feste e ne è rimasto colpito, ma… davvero!
[…] la mia reazione per non essere schiacciato è stata …di provare a riderci su perché, …ridere della vita, della malattia e della morte è un modo per capire che non tutto può essere gestito e cancellato con una spugnetta… scrive subito l’autore, invitandoci a lasciare da parte patetismi seriosi.
Schiano, meglio, Vincenzo, scrive come ti parlasse da vicino, voce e cuore, della malattia da sempre innominata che lo ha colpito nel bel mezzo di indagini cliniche alla ricerca di rimedi contro l’asma che gli è compagna fin dai due anni. E Astolfo, da lettore di una qualche esperienza, scandagliando nella memoria vede pochi altri titoli di testi su malattie e ricerca disperata di cure. Ricorda il bellissimo di Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra, intorno al viaggio come cura in sé e sperimentazione di medicine alternative, quelle non ufficiali, quelle che coinvolgono l’anima oltre il corpo e, forse, donano una pace assente nei protocolli terapeutici della nostra civiltà “avanzata”. L’altro, ancora del grande giornalista, La fine e il mio inizio, e poi, su un terreno più teorico, il saggio di Virginia Woolf, Sulla malattia, nelle cui pagine la grande scrittrice inglese richiamava la mancanza in Letteratura di parole sulla malattia fisica, e sosteneva che solo la sofferenza dà una visione vera della vita… O, anche, il recente Fiorire d’inverno della scomparsa giornalista delle Iene Nadia Toffa, libro tenero e meritevole. Un panorama scarno, di pochissimi titoli, se si mettono da parte gli scritti che fin dalle origini del Cristianesimo, Padri della Chiesa, Santi, Eremiti che si autoinfliggevano martiri per meglio entrare nel regno dei cieli, dedicarono al difficile tema della malattia del corpo come strumento di elevazione mistica. Ma questo è un altro capitolo.
Qui leggiamo il racconto limpido, determinato, esplicito fin dal titolo, sulla malattia che ti cambia la vita e, ahimè!, la minaccia e stravolge. Ti fa camminare a passi lenti ed incerti nel tunnel di terapie dolorose e persino invalidanti che peggiorano la qualità dello stare al mondo. L’autore è il giovane uomo coraggioso ed autoironico che sta dietro al nome assai comune di Vincenzo, quarantunenne, marito e padre. Rotondo… con una faccia a uovo di pasqua e un sorriso da fessacchiotto, dice di sé all’inizio. Impiegato in un Centro di Dialisi di Napoli, consapevole della pena di vivere che altre patologie regalano ad altri pazienti, uomini e donne conviventi con l’impellenza trisettimanale di “lavare il sangue” attaccati ad una macchina … Viaggiatore in Cumana, allegro intrattenitore dei compagni di viaggio ed intelligente osservatore del mondo alla ricerca di ciò che può accendere sorrisi, scatenare batture, evitare la noia … Uno col quale non ti accorgi neppure dei ritardi infiniti della nostrana ferrovia fine Ottocento. Vincenzo saltella nei suoi vissuti recenti, racconta di stanchezza, ma si illumina sul proprio amore per Lisa, sul bambino che è arrivato, riparla di stanchezza canaglia e di accertamenti quando ormai il suo puff, l’inalatore, non basta più. E, poi, la trafila alla caccia di una malattia rara sospettata dalla pneumologa, ma lasciata del tutto indeterminata anche dopo esami più approfonditi. Fino al momento delle parole pesanti di una dott pure gentilissima che gli dice di un tumore, con lacrime involontarie che sfuggono all’omone…obeso che egli si sente. E’ l’inizio della guerra che ora continua, gli alti e bassi che la realtà triste presenta a chi incontra il nemico, quello che Vincenzo immediatamente battezza ‘Stu STRUNZ! Come se il panta rei che lancia all’inizio si interrompesse e si sgretolasse il diagramma casa-lavoro-amicizie-asma tenuta al guinzaglio, sotto l’urlo NON VOGLIO MORIRE! che gli esplode in gola anche al pensiero del suo eroe Alex Zanardi, in carne ed ossa, invincibile anche dopo la morte di metà del suo corpo! Ma non c’è alcuna rassegnazione o voglia di chiudersi nel cerchio degli affetti. Piuttosto di combattere una battaglia pubblica vera, a cominciare da queste pagine dure, ma divertenti, semplici e profonde, facili e difficili come solo quelle che nascono da verità sanno essere:
Vivere significa avere coscienza che la vita è tosta, ma è proprio in quei momenti difficili che si capisce la forza dei bei momenti. Solo chi sa piangere, sa apprezzare i sorrisi. E’ la scelta di Vincenzo.
Una scelta che rompe il tabù del silenzio sulla malattia oncologica e rimuove, con la forza che solo una visione ricca della vita può concepire, quel manto nero di non detto, taciuto e rifiutato perché insopportabile, che avvolge l’atto conclusivo dell’esistenza umana, la morte e, prima, anche la lotta che pure chi è certo dell’aldilà conduce fino alla fine. Nessuno si consegna inerme alla Nera Signora, nessuno si arrende, rifiuta a-priori l’aiuto della scienza medica e si consegna felice al Dio in cui crede. Noi osserviamo rispettosi. Come con rispetto guardiamo alla muta solitudine di chi rinuncia alla vita per scelta, non sopportandone più il peso. Schiano ha forza lucida e coraggio controcorrente. Fa pensare ad eroi classici, combattivi e sicuri, ma non arroganti davanti al vuoto. Uno dei molti passi di quel che scrive colpisce, ti lascia in silenzio e ti fa persino sorridere:
Ridere della morte. Ridicolizzarla. Fare in modo che la più grande paura venga resa in burla, in modo da poter affrontare gli altri problemi della vita con meno ansie. Io continuo ad aver paura della morte perché ora la vedo più vicina, ma non per il fatto che arriverà!
Ad Astolfo sembra una bella lezione di amore per la vita, la sfida che troppo spesso la cultura che ci ha resi quello che siamo non affronta. Eppure la spavalderia non manca in altri campi dell’umano agire. Anzi!
Vincenzo Schiano di Cola, Ho un tumore… E mò?, TURISA editrice 2019
astolfosullalun_2019@libero.it
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