Una giovane montese tra i ricercatori italiani di Armida Mancino.
Spesso diciamo che il Problema di monte di Procida siamo noi montesi, quasi compiaciuti in una sonnolenta auto-commiserazione che ci fa da alibi per le mancanze del vivere cittadino quotidiano.
Io sono convinta del contrario, cioè che la nostra piccola comunità abbia nel suo dna un quid pluris dato sia dal suo naturale isolamento che della naturale propensione alla vita di mare; non è elegante fare il Cicero pro domo sua, ma sono fortemente fiduciosa nelle potenzialità della mio paese.
Per questo oggi ho deciso di raccontarvi la storia di Irene, piccola grande donna che ha già dato lustro alla comunità e per la quale si prospetta un futuro ancora più interessante.
Irene Schiano Lomoriello è una montese tipicamente atipica; nasce in New Jersey alla fine degli anni 80, e negli USA vive fino all’età di sette anni, quando poi sbarca finalmente a monte di Procida con la famiglia, e riprende gli studi in Italia a partire dalla seconda elementare.
Proprio il naturale bilinguismo la porta ad appassionarsi ad altre lingue straniere, francese e tedesco in particolare, e a scegliere il liceo linguistico per le scuole superiori.
Ma Irene non è solo una studentessa dotata e vivace, è anche una ginnasta impegnata fin da piccola nelle gare e da grandicella nell’agonismo; dedica almeno due ore al giorno alla ginnastica, dove impara a sottostare alla rigida disciplina agonistica, e proprio per questo impara a massimizzare i tempi dello studio, perché in poche ore deve fare i compiti (e farli bene!) per poi correre ad allenarsi in palestra.
Quando deve scegliere cosa fare da grande la propensione per le lingue cede il passo alla passione per la scienza e, in particolare, la biologia. Ed è qui che Irene sboccia, durante gli studi di biologia molecolare e cellulare; mentre prepara le tesi sperimentali della triennale e poi della specialistica si appassiona alla ricerca scientifica sperimentale e soprattutto alla idea di proseguire la ricerca in campo oncologico; trascorre un breve periodo di ricerca all’estero, nel prestigioso Children Hospital di Philadelphia, per poi fare ritorno in Italia, dove viene inserita, dopo aver vinto apposito concorso, come dottoranda in Oncologia molecolare alla SEMM( Scuola Europea di Medicina Molecolare) dell‘ IEO, Istituto Europeo di Oncologia, e al terzo anno di scuola per il dottorato riesce anche a vincere una borsa di studio dell’AIRC.
Irene non nasconde che la vita del ricercatore sia piena di fatica ed anche di frustrazione: l’ambiente della ricerca è fatto di soddisfazione ed anche di continue sconfitte, perché, come ci racconta, ogni scoperta in campo molecolare deve essere seguita da esperimenti in vitro e su modelli animali (spero che la Dr. Irene, si perché nel frattempo è diventata anche “Ph.D”, cioè “Doctor of Philosophy”, cioè ha conseguito il massimo grado dell’istruzione universitaria, di fronte al quale anche le nostre lauree e master impallidiscono, non ne abbia a male per le semplificazioni linguistiche che volutamente utilizzo), e magari mesi e mesi di studio non portano a risultati degni di pubblicazione, cioè il culmine e scopo della ricerca.
Perché la ricerca deve portare a risultati continui nel tempo e riproducibili, e non sempre la scoperta di una molecola porta ai risultati sperati.
Ma proprio con una speranza voglio concludere questo breve ritratto di Irene: attualmente è impegnata nello studio di una proteina coinvolta nello sviluppo del cancro al seno, e sta lavorando per scoprire quale sia il suo ruolo nello sviluppo di questa malattia.
Dunque da parte nostra giunga forte un ad majora ad Irene, che porti alto il nome di Monte di Procida nel mondo e un ringraziamento per la ricerca attuale e futura.
Armida Mancino.
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