Nel 1880 la popolazione montese residente sulla borgata Monte del comune di Procida ammontava a circa 3.300 unità. Le pessime condizioni igieniche e di salute in quel periodo favorirono la diffusione della difterite conosciuta anche con il nome di “squinzania” anche se questa indicava genericamente le diverse affezioni morbose della gola.
La difterite è una malattia causata dall’azione di una tossina prodotta da batteri che si trasmettono per via aerea e si moltiplicano nella gola della persona infetta dove formano una membrana di colore grigiastro con placche sul palato che portano all’impossibilità di respirare e quindi alla morte per soffocamento.
Considerando il basso periodo di incubazione che va dai 2 ai 4 giorni e che il soggetto infetto rimane contagioso fino a 4 settimane si può facilmente intuire come in poco tempo questa malattia si diffuse in modo epidemico su tutto il territorio colpendo prevalentemente i bambini e le persone più deboli, soprattutto nei mesi freddi quando i focolai della malattia diventavano più vivaci.
La medicina dell’epoca suggeriva una terapia consistente in spennellature con acido fenico ed alcool sulle mucose interessate, ma forse per la poca conoscenza ed applicazione della cura o forse per la poca efficacia della soluzione stessa, il numero di bambini morti sul Monte e nei dintorni fu davvero impressionante.
Alla borgata Monte, nel 1880, su un totale di 98 (*) decessi, ben 66 erano bambini da 0 a 12 anni, praticamente il 67%. Il picco dell’epidemia si verificò l’anno successivo, 1881, quando gli sfortunati bambini montesi che persero la vita, da 0 a 12 anni, furono addirittura 73 su 92 (*) decessi totali con una percentuale quindi di circa 80%.
(* dati comprensivi dei decessi per altre cause).
Fu in quelle circostanze che un nutrito gruppo di mamme montesi, per scongiurare quella malattia mortale ai propri figli in tenera età, cominciò a pregare incessantemente e fare voto a san Biagio, il vescovo e martire di origine Armena riconosciuto ufficialmente come protettore di tutti i mali della gola.
Fu talmente forte la venerazione verso san Biagio che venne richiesta ed ottenuta una statua del santo ausialiatore benedetta il 14 agosto 1881 in presenza del curato Michele Scotti d’Antuono e collocata in una nicchia della chiesa di Maria SS. Assunta in modo da permettere alle mamme ed a tutti i fedeli montesi di andare a pregare il santo protettore della gola.
Negli anni successivi, l’epidemia di difterite andò man mano a calare fino a scomparire a cominciare dal 1900, dopo che anche in Italia furono introdotte le vaccinazioni.
A partire da quel tragico periodo prese sempre più importanza il rito della benedizione di san Biagio che avveniva (ed avviene tutt’ora) dopo la messa del 3 febbraio, giorno di san Biagio, con il sacerdote in piedi a poggiare due candele di cera bianca, incrociate, a contatto con la gola dei fedeli impartendo la benedizione con la formula: “Per intercessione di San Biagio, Vescovo e Martire, Dio ti liberi dal male della gola e da ogni altro male. Nel nome del Padre, del figlio e dello Spirito Santo. Così sia!“.
La benedizione della gola viene fatta con le candele benedette il giorno prima per la festa della presentazione di Gesú al tempio comunemente detta della “Candelora“.
Capita ancora adesso che qualche nostra nonna o anziana zia, all’occorrenza, tira fuori un batuffolo d’ovatta (o di cotone o di lino) imbevuto di olio consacrato (ll’uoglie ‘i san Biase) e passandolo a croce per tre volte sulla gola pronuncia la seguente frase: “San Biase nuost piensace tu, nel nome di Maria e di Gesù“.
Quanto alla statua di san Biagio occorre ricordare che nell’aprile del 1980, in occasione del furto avvenuto nella chiesa di Maria SS. Assunta in Cielo, furono portati via, tra le tante cose, anche il bastone pastorale (baculo) d’argento, la catena pastorale d’oro, il copricapo (mitra) del santo e l’intera statua di legno del bambino accanto a lui con il dito indice puntato verso la gola. Questi oggetti sono stati in seguito sostituiti da altri più o meno simili, grazie alle donazioni ed all’interessamento di alcuni fedeli montesi.
Ancora oggi, quando entro in chiesa, passando accanto alla statua di san Biagio, che dagli inizi del 1900, dalla nicchia è stata posizionata su un altare in marmo a lui dedicato, non posso fare a meno di ripensare a quel tragico evento epidemico che nel giro di soli 4 anni, dal 1880 al 1883, in modo crudele e brutale strappò via la vita a circa 270 bambini montesi; una vera e propria strage!
Pasquale Mancino