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110 anni di Monte: scritti che raccontano la Storia del nostro Paese

Due racconti brevi di Franco Lillini, studioso, esperto di cose di mare, ricercatore

Acquea

C’era una volta, tanto tempo fa, una marchesa, innamorata del mare del Monte di Procida. Era una ragazza molto bella, il suo nome era Acquèa. Tornava al Monte ogni estate, ed ogni giorno, puntualmente, tra gli sguardi dei giovani, scendeva giù alla spiaggia per prendere i bagni di mare e di sole. Era ammirata da tutti , ma la sua bellezza era pari alla sua riservatezza.

Lasciati i vestiti sulla riva, si tuffava per raggiungere a nuoto uno scoglio poco lontano. Se ne stava sdraiata per ore ed ore, da sola, a godersi quell’angolo di paradiso. Il rumore della risacca le teneva compagnia fino a quando il sole tramontava dietro l’Epomeo.

Ma un brutto giorno, stranamente, Acquea non andò in spiaggia, e da quel giorno più nessuno la vide. Subito si sparse la voce che era morta.

Da allora quell’angolo di paradiso venne chiamato Acquamorta ( da Acquea morta) e lo scoglio dove lei prendeva il sole fu chiamato lo “Scoglio della Marchesa”.

Non sappiamo quanto ci sia di vero in questo racconto, ma a noi piace crederci anche perché questo spiegherebbe l’etimologia del toponimo.

(Testimonianza di V. Pugliese ed altri – M. di P. 1999-)

 

La superstizione del capitano

Un giorno, un grosso bastimento con equipaggio sorrentino e montese, stava navigando nell’Atlantico. Fino a quel momento il tempo era stato bello e tra una settimana sarebbero arrivati in Messico.

Il capitano G. Coppola tanto in gamba quanto superstizioso, scese in cucina per prendere un caffè. Trovando la porta della cambusa aperta, vi guardò dentro e con stupore notò un sacco che conteneva dei ceci! Chiamò subito il cuoco e gli disse che per nessun motivo avrebbe dovuto cucinarli.

Gli spiegò che i ceci a bordo sono di malaugurio e che se fossero stati mangiati ci sarebbe stato cattivo tempo fino a che i legumi non sarebbero stati digeriti ed …evacuati!.

Il cuoco annuì, e rassicurò il capitano ma poi pensò che quelle cose che aveva detto erano solo dettate dalla superstizione e il giorno dopo, su richiesta di alcuni marinai, preparò per la ciurma una bella zuppa con i saporiti legumi!

Fino ad allora la navigazione era stata tranquilla ma quel pomeriggio si alzarono un vento e un mare mai visti. Se la videro brutta, per due giorni e due notti furono sballottati da onde enormi.

Il capitano, a tempesta cessata ebbe un sospetto, scese allora in cucina, aprì la cambusa e vide che il sacchetto dei ceci era mezzo vuoto! Quando la nave attraccò al primo porto, fece sbarcare il cuoco!

Questa, per lui fu una decisione sofferta, i due si conoscevano da molti anni, sempre imbarcati sulle stesse navi, avevano girato tutto il mondo affrontando anche situazioni pericolose. Si erano trovati insieme anche in Viet nam, durante la guerra con gli americani quando trasportavano i fusti di benzina passando in mezzo alle cannonate.

Altra cosa da tenere alla larga dalla barca erano gli ombrelli. Lascio agli studiosi l’interpretazione del significato di questo oggetto.

Da: Franco Lillini, A cora ‘e zefèra – La cultura popolare del mare in zona flegrea.

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