Monte di Procida, 14 Febbraio 1956
E’ mattina a Casevecchie e fa molto freddo, l’orologio della vecchia chiesa di S.Antonio batte le dieci in punto, sembra quasi di sentire i rintocchi della campana.
Il paese si è risvegliato sotto 30cm di neve caduti durante la notte tra il 13 ed il 14 febbraio creando disagi e arrecando danni notevoli agli agricoltori.
La nevicata del 1956 è da sempre ricordata come la più terribile mai avvenuta a Monte di Procida. In quel periodo un’ondata di freddo eccezionale colpì tutta l’Europa, Italia compresa, con conseguenze devastanti in varie regioni. Le temperature scesero sotto lo zero in tutta la nostra penisola e a Napoli il termometro raggiunse i -4°,5.
Ma il peggio è ormai passato ed al centro della Piazza, ricoperta dalla candida neve, sono in posa alcuni montesi giovani e meno giovani. Tra di loro si riconosce Arcangelo Mancino detto “Manciniè” (il terzo da sinistra) ricordato da tutti come un uomo severo ed un fine intenditore di cavalli tanto che i montesi si rivolgevano a lui per avere consigli per gli acquisti. Con il suo carretto, trainato sempre da cavalli di incantevole bellezza, si spingeva fino a Torre del Greco dove caricava farina e crusca per rifornire le salumerie della nostra zona; gestiva un deposito di paglia che rivendeva ai compaesani e trasportava l’apprezzato vino montese verso i comuni limitrofi e nella città di Napoli.
Pochi giorni prima, proprio su questa piazza in terra battuta, c’erano le tende del circo equestre di Ercole Sgritta, un famoso clown nano soprannominato “Bombicchio” che era solito esibirsi a Monte di Procida. Il costo del biglietto era di 20 lire e si racconta che chi non poteva permettersi l’ingresso a pagamento, lo barattava con cibo da dare in pasto all’unico vecchio e stremato leone della compagnia circense, di solito animali morti.
Sulla destra è ben visibile il camion di Pasquale “a linaiola” proprietario della salumeria dietro l’angolo in via Filomarino, dove attualmente ci sono gli uffici del CAF.
Di fianco al camion si intravede una porta in legno a due ante, in quei locali, in meno di 30 metri quadri, vi era l’asilo comunale di Casevecchie e nel grande portone a lato un piccolo bagno di servizio per i bambini.
Nei locali dell’attuale pizzeria “Antica Cupola”, anch’essi chiusi da una porta di legno a due ante vi era la bottega sartoriale di “Geretiè u sart”, un abile artigiano montese che confezionava abiti su misura.
A sinistra della chiesa, al piano superiore della palazzina che adesso ha dato spazio alla nuova chiesa, viveva la signora Angelina detta “a prucetana” mentre ai piani inferiori abitava, a destra, “Biasin capachiatt” marittimo di professione e a sinistra operava l’occhialuto Antonio detto “u chiromant”, un montese di adozione che prediva il futuro consultando le carte ed avvalendosi di un pendolo divinatorio. La sua fama si estendeva ben oltre i comuni flegrei, si narra che arrivassero clienti anche dalla Calabria. Tra i suoi più fedeli allievi, l’indimenticato Michele Schiano detto “Michel u chiupp”.
Alto, quanto le merlate torri gemelle della vecchia chiesa in tufo, si erge un giovane ed imponente pino di Norfolk (Araucaria heterophylla) con il tronco dritto ed i suoi caratteristici rami regolari, simmetrici e rivolti all’insù che sembra stia lì per naturale armonia. Oggi, a distanza di 58 anni, anche se un fulmine ne ha bruciato la cima, quell’albero è ancora lì a contemplare la piazza. Tante storie sono passate sotto il suo silenzio; chissà quante ne ha viste e quante potrebbe raccontarne!
La foto è stata gentilmente concessa da Santina Mancino