Torregaveta. Una pagina di storia
1961 . L’ardimentosa fuga di due pericolosi banditi ; lo sbarco sulle nostre spiagge,la fuga attraverso la pineta. Per qualche giorno Torregaveta assurge alla cronaca.
A quel tempo la parte del territorio del Comune di Bacoli in cui si svolgono i fatti che andiamo a raccontare, era pressoché abitata da poche famiglie. Le case erano sparse qua e la, a ridosso della stazione ferroviaria; altre ancora si disperdono al fianco della strada principale che porta, da una parte verso Monte di Procida, dall’altro lato, verso Cappella.
La stazione era quella della Ferrovia Cumana di Torregaveta; costruita sul finire del secolo diciannovesimo, con pietre laviche di colore grigio scuro: la struttura prorompeva maestosa sulla piazza. All’interno di essa era collocato, tra l’altro, un simpatico bar, che apriva i battenti con l’arrivo del primo convoglio. Salvatore e Peppino, i due giovani e cordiali baristi, avevano il loro da fare, a tenere a bada tutti quei clienti che, già di prima mattina, si giocavano a briscola o al tresette, la tazzina di caffè.
Quella sera, dopo che il Capostazione ebbe licenziato l’ultimo treno e le porte del bar furono assicurate prima col ferro e poi col robusto catenaccio, la piccola località si addormentò con le sue anime, ignara di quello che stesse per accadere.
Una barca era venuta a braccia lente; si era adagiata sul fianco. Recava due ceffi. L’uno si chiamava Antonio Piermartini, detto il mostro di Vignanello l’altro Benito Lucidi soprannominato “Il re delle evasionoi”. Attesero che fosse smorzata l’ultima luce della stazione e che non ci fosse occhio indiscreto ad osservare la loro bricconata.
Dall’approdo, attraversarono quatti e silenziosi la piazza e di li presero per la pineta di Torregaveta.
Era questo un luogo ameno, e ricco di vegetazione spontanea, tra cui giganteggiavano pini marittimi messi bene in salute. Una volta entrati in questo bosco, si poteva raggiungere, con non poche difficoltà, la via Domiziana, in prossimità di Licola. Lucidi e Piermartini avevano studiato con cura il percorso, nei giorni prima della fuga, che era cominciata la notte del 17 novembre 1960.
Facciamo un passo indietro. I due lasciarono lo scoglio di Santo Stefano “l’Isola Maledetta” dove erano rinchiusi. Segarono con una lima le sbarre e si calarono lungo le mura del penitenziario. Per scendere usano, il mezzo più caro a chi evade le fortezze: le lenzuola annodate. Dalla baia di Santo Stefano con due pneumatici d’auto giunsero nella vicina Ventotene . Dove si appropriano di un barcone a motore e salparono alla volta di Ischia; vi giunsero nella notte del 18 novembre.
Alcuni giorni dopo lasciano l’Isola verde. Prendono una barca a remi e dopo diverse ore di voga, raggiungono le spiagge di Torregaveta. La notte è nebbiosa. Oltre la riva il buio avvolge la piazza. I due sono smarriti ma sono determinati a raggiungere Roma. Si incamminano; presto si smarriscono nella pineta; poi dopo avere indugiato nella florida vegetazione , che ne ha rallentato sovente il cammino, ritrovano la strada.
Intanto subito dopo la fuga dei due scattarono le ricerche. La notizia della clamorosa evasione viene diffusa dai mezzi di informazione. Dai telegrafi di stato vengono scanditi i particolari dei fuggitivi. L’impiego dei militari è corposo. Le ricerche gigantesche. Si tratta di due malviventi pericolosi e quindi bisogna far presto.
E’ notte fonda: qualcuno, nella Pineta di Torregaveta , qualcuno nota la presenza dei due sconosciuti. Intuisce. Con saggezza tace. Avverte le guardie che fanno da spola da li al bivio per Cuma. L’allarme è scattato: i fuggiaschi avranno ancora poche ore di libertà. Abbandonata la Pineta la coppia raggiunge la Domiziana, che è buia e deserta: sono stanchi e affamati. E’ l’alba, dietro i cespugli li attende il gruppo di poliziotti.
Prima Piermartini poi il compagno vengono acciuffati. Il giorno seguente Torregaveta assurge alla cronaca. I suoi abitanti, durante le ore che ne precedono l’epilogo, erano avvolti fra le braccia di Morfeo, ma si sentono, a loro modo, partecipi della cattura. La mattinata è scolpita da capannelli di gente. Chi ha sentito, chi ha visto ; chi cerca orme sulla sabbia, chi qualche traccia fra i sassi. Un lampo ha scosso il piccolo borgo: la novità ha rotto la quotidianità monotona di quei tempi, in cui è bastato il solo passaggio di una coppia di evasi eccellenti per dare linfa al Paese.
Geppino Basciano
Home » Cultura » L’ardimentosa fuga di due pericolosi banditi, Torregaveta 1961. Una pagina di storia
Notizia interessante
“Eduardo la maschera”: l’omaggio del Maestro Antonio Colandrea ad un mito napoletano
Martedì 10 dicembre, al Teatro Eduardo De Filippo di Arzano, andrà in scena uno spettacolo …