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Deiulemar, accordo smascherato. Il tribunale avalla la tesi della curatela fallimentare

LA SENTENZA. Depositate le 45 pagine che ricostruiscono gli ultimi momenti di vita della Deiulemar Compagnia di Navigazione e l’attività delle tre famiglie fondatrici

TORRE DEL GRECO – Sotto la lente di ingrandimento dei giudici che hanno valutato l’esistenza della “società di fatto” che sarebbe stata costituita dall’ex amministratore unico della Deiulemar Compagnia di Navigazione, il defunto amministratore unico, Michele Iuliano, e dagli otto armatori sotto processo al tribunale di Roma, è finita la storia recente dei nove soggetti dichiarati falliti.

Il presidente del collegio, Regina Marina Elefante, il relatore Fabio Di Lorenzo, e il giudice Valentina Vitulano, il particolare, hanno puntato l’attenzione sul tentativo – non andato a buon fine – di proporre un concordato preventivo un anno fa, a poche ore dall’udienza fallimentare dell’ex colosso armatoriale nel quale quasi 13mila persone hanno investito oltre 720 milioni.

Ma anche diversi accordi “volti a mettere a disposizione della procedura fallimentare – scrivono i magistrati nelle 45 pagine della sentenza depositata al tribunale di Torre Annunziata – i beni costituiti nei trust Bigei sottoscritti in qualità di beneficiari da Pasquale, Angelo e Micaela Della Gatta, così come l’atto di devoluzione in data 4 giugno 2012 inerente il trust Gilupami e sottoscritto dalla signora Lucia Boccia quale disponente e dai signori Angelo, Pasquale e Micaela Della Gatta in qualità di beneficiari”.

I giudici, nella loro sentenza, sono diretti. “E’ chiaro – affermano – che la possibilità sul piano giuridico di assumere siffatti impegni, ed in particolare la capacità di farli assumere da soggetti formalmente terzi (trustee, società di diritto italiane ed estere) dimostra univocamente che le tre famiglie – Della Gatta, Iuliano e Lembo – in persona dei componenti di prima e seconda generazione, hanno costantemente esercitato un potere di direzione (esorbitante dal mero controllo) sulla società fallita e sul gruppo così da configurare essi stessi un autonomo centro decisionale”.

Insomma, per il collegio giudicante della Fallimentare non vi sarebbero dubbi: “Sussistono – si legge nelle motivazioni – numerosissimi e circostanziati elementi dai quali possa evincersi che la Deiulemar Compagnia di Navigazione e le altre società del ‘gruppo’ erano ‘eterodirette’ da un unico centro decisionale, facente capo alla prima e seconda generazione delle tre famiglie Iuliano, Lembo e Della Gatta alla cui stregua è possibile l’identificazione della holding personale e la sua qualificazione in termini di attività d’impresa”.

Hanno giocato contro gli armatori anche le dichiarazioni di alcuni ex lavoratori della Deiulemar Compagnia di Navigazione: è il caso del direttore finanziario Aniello Lauretta che, parlando di Michele Iuliano, Angelo e Pasquale Della Gatta e Giuseppe e Leonardo Lembo, individua questi ultimi come “coloro che prendevano le decisioni in ordine all’organizzazione societaria e alla strategia aziendale”.
Pesano anche le dichiarazioni rese dal dipendente Paolo Palomba, che – è scritto nella sentenza sulla società di fatto – “già nel corso del 2008 riceveva direttive da Michele Iuliano, Angelo e Pasquale Della Gatta”.

I LEGALI. “Ora si possono aggredire i beni dei singoli imprenditori”

Sono soddisfatti i legali degli obbligazionisti per la decisione del tribunale di Torre Annunziata che ha dichiarato fallita la “società di fatto”. Per Antonio Cardella, rappresentante dell’Unc, si tratta di “un altro punto a favore degli obbligazionisti, dopo quello dell’ammissione a parte civile nel processo penale”.

“Un obiettivo – prosegue Cardella – al quale abbiamo puntato sin dal primo momento, ben consci che il riconoscimento della società di fatto e il conseguente fallimento delle persone fisiche che la compongono, avrebbe aperto ben altro scenario: la possibilità di aggredire i patrimoni personali dei soci non soltanto quelli della Deiulemar Compagnia di Navigazione, artatamente depauperato nel corso degli anni”. Sia, però, ben chiara una cosa – si affretta a sottolineare l’avvocato civilista – la vicenda non è affatto conclusa. Anzi: bisognerà ora mettere in atto una serie di azioni per far sì che i beni si trasformino quanto più è possibile in danaro da distribuire agli obbligazionisti. Tempi lunghi, ovviamente, ma dopo questo brillante risultato siamo in grado di affrontare il cammino giudiziario con molta più fiducia”.

Sulla stessa lunghezza d’onda Giuseppe Colapietro, responsabile locale di Noi Consumatori, che esordisce con un eloquente “finalmente!”. Mesi di lavoro – prosegue il legale – tra astensioni, ricusazioni, incompatibilità, ricorsi e poi alla fine il fallimento dei soggetti indagati c’è stato.

Importante questa sentenza non solo per aver dato ragione a chi aveva proposto tale teorema, ma anche perché consente ai tanti risparmiatori di aggredire i beni personali dei nove soggetti che, oltre ad incassare i soldi degli investitori sino al 15 gennaio 2012, hanno pensato di farci trovare una Deiulemar vuota da ogni bene aggredibile”.

Una grossa soddisfazione – conclude Colapietro – che ci porterà ancora più a lavorare duramente per accelerare i tempi sia per l’acquisizione di tutto quello che sarà loro riferibile, sia per anticipare la futura restituzione di quanto migliaia di persone hanno perso in tale vicenda e che mai si sono arrese e mai si arrenderanno”.

Fonte: Tutto è… (ed. stampata del 16 maggio 2013)

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