NAPOLI — Ci sono testi che conviene cominciare a leggere dalla fine. È il caso dell’articolo di due vulcanologi napoletani dell’Osservatorio Vesuviano appena pubblicato da «Scientific Reports» di «Nature». Lo studio di Giuseppe Mastrolorenzo e Lucia Pappalardo, negli ultimi paragrafi sostiene che lo stato critico di sistemi in rapida evoluzione è stato dimostrato, per esempio, dal vulcano di Rabaul, a Papua Nuova Guinea, che il 18 settembre 1994 produsse una grande eruzione preceduta solo di pochi giorni da segnali premonitori. Un problema a noi lontano nel tempo e nello spazio. Diversamente, vicinissimi sono i Campi Flegrei, ai quali è dedicato l’articolo e dove, spiegano i due ricercatori dell’Ingv, è possibile che una crisi vulcanica si verifichi con la stessa rapidità. A Papua, l’eruzione devastò la città di Rabaul ma gli abitanti erano stati preparati e le vittime furono solo cinque, una delle quali a causa di un fulmine, una caratteristica delle nubi di cenere vulcanica. Per i Campi Flegrei, invece, non esiste neppure un piano di evacuazione.
Sulla base di quali elementi Mastrolorenzo e Pappalardo fanno un simile, raggelante, paragone? Cosa hanno rilevato nelle loro ricerche? «Nell’articolo — risponde Mastrolorenzo — documentiamo la presenza di un’enorme unica camera magmatica al di sotto dei Campi Flegrei e del Vesuvio. I nostri dati dimostrano che la quantità di magma presente al di sotto dei vulcani dell’area potrebbe essere maggiore di quanto ipotizzato fino a ora e già in condizioni tali da poter eruttare, con importanti implicazioni per il rischio vulcanico». Ma come avete fatto a trarre simili conclusioni? «Abbiamo studiato — dice Lucia Pappalardo — le rocce delle eruzioni passate da vari punti di vista. Per esempio abbiamo analizzato la velocità di formazione del sanidino, tipica dei Campi Flegrei. Il sanidino è un minerale che si presenta in cristalli. La sua formazione indica l’aumento del contenuto in gas che più aumenta, più la camera è esplosiva. È importante capire i tempi in cui questo fenomeno avviene e la rapidità di risalita del magma. Noi abbiamo scoperto con sorpresa che sono necessarie poche centinaia di anni, quindi un tempo relativamente breve. Se si considera che i Campi Flegrei sono in quiescenza dal 1538, quel tempo è passato: potrebbe essere già pronta un’eruzione esplosiva».
L’ANALISI – Dall’analisi delle rocce provenienti dalle precedenti eruzioni emerge anche un altro aspetto sconosciuto. «I risultati — dice Mastrolorenzo — sono molto simili per il Vesuvio, non solo sui tempi ma anche per quanto concerne la profondità e i rapporti isotopici, che costituiscono una sorta di Dna del magma. Quello del Vesuvio e quello dei Campi Flegrei sono consanguinei e questo fa pensare a un’unica camera magmatica». C’è allora da preoccuparsi anche del Marsili, il gigantesco vulcano sul fondo del Tirreno? «No — afferma Lucia Pappalardo — quello è un sistema separato, infatti la composizione magma è diversa».
Tornando al Vesuvio e soprattutto ai Campi Flegrei, cosa si può fare per prepararsi in modo adeguato al rischio? «È essenziale un monitoraggio continuo, naturalmente, ma occorre preparare un piano di emergenza adeguato», sottolineano i due vulcanologi. «Più volte — insiste Mastrolorenzo – ho denunciato il fatto che il piano per l’area del Vesuvio non è tarato su uno scenario adeguato e che per i Campi Flegrei non c’è proprio. Secondo me questa sorta di ottimismo è gravissimo, sono state presentate anche interrogazioni parlamentari in merito. Del resto è quello che è accaduto a L’Aquila dove, dopo le prime, furono addirittura diffuse rassicurazioni fuorvianti sulla possibilità di ulteriori scosse di terremoto. Ora è in corso il processo alla Commissione Grandi Rischi di allora. Nel nostro caso, un piano dev’esserci e deve essere basato su uno scenario, per scegliere il quale la Commissione Grandi Rischi dovrebbe prendere atto e tenere conto delle ricerche disponibili. Se lo scenario non è adeguato, il piano può addirittura contribuire ad aumentare il pericolo, come è avvenuto a Fukushima. Qualche volta sono troppo ottimisti, addirittura compiacenti, anche i ricercatori, è quello che emerge dal processo dell’Aquila. Il problema è che un ricercatore può fare uno sconto alla Protezione civile, ma la natura non fa sconti a nessuno. Nel caso dei Campi Flegrei lo scenario da prevedere è senz’altro quello di un’eruzione importante, com’è stato in passato. Senza cedere al compromesso, magari per paura di causare una perdita di valore degli immobili. Spero in tempi lunghi, ma lì il sistema è già pronto: qualcosa avverrà».
BAGNOLI – In quest’analisi, come vanno valutate le trivellazioni a Bagnoli? «Allora: non si conosce la fisica del bradisismo, un processo del quale i meccanismi sono stati ipotizzati ma non verificati. A volte è stato un precursore di fenomeni più gravi, a volte no, una specie di roulette russa. Quindi non si può escludere il pericolo, una previsione è impossibile». Per questo Mastrolorenzo non ha dubbi: «Meglio evitare».
fonte www.radicali.it