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Bacoli: Castello di Baia, una “fortezza” tra i rifiuti

Bacoli. È uno scenario indecoroso e di cattivo gusto, quello visibile ai piedi dell’ imponente Castello Aragonese di Baia, nei pressi del piccolo belvedere dalla forma di mezzaluna. Uno spazio che si erge sulla parte alta della frazione bacolese, al cospetto di una grandiosità antica che fa da tappeto d’ingresso a quella che dovrebbe rappresentare la città turistica flegrea per eccellenza. Pochi metri quadri che, a palmo aperto accompagnano lo sguardo del visitatore ad ammirare la “terra ardente”, il Golfo di Napoli, le meravigliose fattezze della nostra litoranea.

E poi, le onde delle acque nostrane che s’infrangono contro il costone che sorregge la “terrazza flegrea” e il mare, che si dipana in lontananza. Ma basta abbassare lo sguardo sotto il proprio naso o voltarsi verso la strada per sciogliere l’incantesimo e ricordarci subito dei nostri mali. Stavolta a far da tappeto alla città  non v’è monumento alcuno ma soltanto un cumulo di rifiuti lungo tutto il bordo dell’arteria che conduce al centro storico e lo sterrato ad essa adiacente. Vi si trova di tutto in quel piccolo paradiso pagano: carte, cartoni, bicchieri, bottiglie in vetro e plastica, fazzolettini, piatti in monouso e persino sgabelli in disuso. E’ la cattiva pubblicità che da anni l’incolto terreno alle pendici del “gigante” che sorge sui ruderi di una villa romana risalente all’età tardo-repubblicana fa dei nostri tesori. Dentro le mura che attorniano la fortezza, il Castello,  punta di diamante del promontorio baiese che le fonti storiche e letterarie (Tacito e Seneca)  riconducono alla residenza di Giulio Cesare, e che subì la prima trasformazione in età flavia. Fu dopo il Medioevo, periodo durante il quale non risultano interventi sull’area, tra il 1490 e il 1495, che, nell’ambito di un più complesso programma di difesa del Regno, re Alfonso II d’Aragona decise di fortificare il tratto di costa ad ovest di Napoli. Oggi il castello ci appare nella sua veste cinquecentesca ed ampiamente modificato in funzione delle esigenze militari dai successivi dominatori Spagnoli. Attuale sede del Museo Archeologico dei Campi Flegrei, ospita materiali provenienti da Baia, Miseno, Cuma e Pozzuoli. E’ questa infatti una delle strutture museali più belle della Campania, con i suoi 45mila metri quadri di esposizione di interessantissimi reperti, alla quale si può, a ben dire, attribuire il merito di far conoscere, oltre a quelli già noti, altri siti archeologici talvolta non visitabili perché ancora in corso di sistemazione. Viceversa, fuori le mura, l’indecoroso scenario prodotto da chi, la propria storia ha preferito calpestarla distruggendone l’immagine e l’ambiente che la ospita. L’ennesima dimostrazione di quanto poco si tenga alla valorizzazione delle nostre ricchezze storico archeologiche. L’ennesima immagine che fa svanire la magia delle bellezze che si scorgono e che lascia, come sempre, l’amaro in bocca. E tanta rabbia.

Melania Scotto

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