Rischio catastrofe? – Un paio di giorni fa, è giunto il via libera al progetto, annunciato dal coordinatore Giuseppe De Natale dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Il nuovo sindaco Luigi de Magistris non sembra nutrire gli stessi dubbi della Iervolino: l’idea è buona, si farà. Si chiama “Campi Flegrei Deep Drilling Project”, e il nome è inglese non è per un vizio di esterofilia quanto per il fatto che si tratta di una collaborazione internazionale, che garantisce l’assoluta sicurezza dell’esperimento. Si tratta di realizzare un pozzo “pilota” della profondità di 500 metri che, laddove andasse incontro alle aspettative degli scienziati, sarebbe seguito da un successivo pozzo intorno ai 4 chilometri di profondità. Nel 2010 sulla rivista Science era stata pubblicata l’opposizione di Benedetto De Vivo, geochimico dell’Università di Napoli “Federico II”, secondo il quale la trivellazione potrebbe causare l’aumento dell’attività sismica nella zona – già caratterizzata da frequenti sciami sismici (di bassissima intensità) e soprattutto dal fenomeno del bradisismo, che provoca graduali scivolamenti e innalzamenti del terreno – o addirittura generare un esplosione,
Si riaccende il dibattito sull’attività vulcanologica in territorio flegreo. Il Campi Flegrei Deep Drilling Project, inizialmente interrotto per critiche di mass media e cittadinanza, ha ottenuto l’approvazione del Comune di Napoli. Il rilancio del programma, annunciato nei giorni scorsi dal professor Giuseppe De Natale, ricercatore all’Osservatorio vesuviano e responsabile dell’Unità dinamica dei sistemi vulcanici e geotermia, prevede la trivellazione nell’area di Bagnoli Futura, a Bagnoli, scendendo fino a quattro chilometri di profondità. Il fine è quello di entrare in contatto con liquidi geotermici ad alta temperatura, utilizzabili per produrre energia elettrica e riscaldamento domestico, ma anche per studiare il funzionamento di uno dei vulcani più temibili al mondo.
Le reazioni – La notizia ha suscitato entusiasmo in alcuni ricercatori, preoccupazione in molti altri. I cittadini del territorio hanno risposto indicendo subito una riunione pubblica, “Valutazioni sulla pericolosità delle perforazioni a Bagnoli nella caldera attiva dei Campi Flegrei”, organizzata dal Comitato rischio vulcanico dei Campi Flegrei. All’assemblea sono intervenuti Benedetto De Vivo, ordinario di geochimica, e Franco Ortolani, ordinario di geologia, entrambi per l’università degli studi di Napoli “Federico II”, Giuseppe Mastrolorenzo e Lucia Pappalardo per l’Istituto Nazionale di geofisica e vulcanologia di Napoli. Secondo gli studiosi, non è possibile prevedere le reazioni della terra. Non si può escludere, quindi, che si sviluppino micro terremoti, fughe di gas tossici, se non addirittura esplosioni incontrollate. «Qualunque perforazione nasconde rischi – ha spiegato Mastrolorenzo – per cui realizzarne una vicino a un centro densamente abitato è una scelta azzardata». Ed ancora: «Si tratta di una zona ad alto rischio per la quale non è previsto nessun piano di emergenza. Forse prima di andare a perforare un supervulcano sarebbe opportuno spiegare ai cittadini cosa sta per succedere, e magari spiegare alla gente cosa fare in caso di allarme improvviso».
Le criticità – La mancanza di un piano di emergenza e l’assenza di nozioni scientifiche nella popolazione sono due fattori che hanno influito nel precedente stop al progetto. A questo proposito, il professor De Vivo si è chiesto: «Non è cambiato nulla dal 2010 quando il progetto venne fermato. Perché in quel momento c’era preoccupazione e ora non ce n’è più?». A queste problematiche, se ne aggiunge un’altra, specifica della zona in cui si intende trivellare: la produzione di fanghi di risulta nell’area in riqualificazione dell’ex Italsider. L’ulteriore problema, a questo punto, è quello dello smaltimento di rifiuti speciali, quelli prodotti appunto dalle perforazioni nel suolo. In che modo si procederà?
Per rispondere in maniera coscienziosa e con cognizione di causa a questi ed altri interrogativi, i professori del dipartimento di scienze della terra dell’università “Federico II” hanno scritto una lettera, quasi due mesi fa, al sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. Nessuna risposta. Le uniche parole certe sono quelle del coordinatore del progetto, Giuseppe De Natale, per cui: «c’è l’ok da parte del Comune di Napoli, che è proprietario al 90 per cento del sito dove avverrà la perforazione, nell’area di Bagnoli Futura».
Il dibattito a Pozzuoli – Proprio il professor De Natale era intervenuto al seminario “La caldera dei Campi Flegrei”, svoltosi alle Terme Puteolane di Pozzuoli, poche settimane prima. Il seminario, organizzato dall’associazione culturale flegrea La Città Meridiana, ha visto presenti la professoressa Iaia de Marco ed il professor Giuseppe Luongo, conoscitore della storia vulcanologica e geotermica dei Campi Flegrei, direttore del Cnr in quegli anni critici del secondo bradisismo flegreo, oggi attivo al dipartimento di scienze della terra dell’università “Federico II”. La sala, gremita, ha dimostrato interesse e partecipazione per un tema strutturalmente legato al territorio ma poco dibattuto, almeno in questi termini e fino ad allora. Lo strumento seminario, come sottolineato da de Marco, è fondamentale per creare coscienza civile e quindi politica partecipata sui temi vicini al territorio, come quello delle risorse geotermiche ed i pericoli ad esse connessi: «in attesa che il sistema partitico si riformi, la nostra associazione intende promuovere e sostenere, assieme ad altre associazioni e realtà già attive nei Campi Flegrei, una cittadinanza orizzontale, che sia in grado di interrogare e controllare l’operato politico».
In quell’occasione, il professor De Natale, con l’aiuto di slides e grafici, ha cercato di avvicinare i tanti presenti ad un tema scientifico e troppo spesso inaccessibile per chi non è esperto della materia, sottolineando i rischi connessi all’attività geotermica flegrea e le opportunità che lo stesso vulcanesimo offre. «La pericolosità – ha affermato De Natale – cresce in presenza di una forte urbanizzazione: l’alta dose di popolazione esposta fa dell’area flegrea quella più rischiosa al mondo».
Il Campi Flegrei Deep Drilling Project – L’altra faccia della medaglia, ha proseguito De Natale, è l’enorme serbatoio di energia pulita e rinnovabile a disposizione dei cittadini. L’Italia tutta, nella zona che si affaccia sul Tirreno, è un’area dall’alto potenziale geotermico, caratterizzata da temperature alte a bassa profondità del suolo. Quello di cui il territorio ha bisogno è del coraggio di investire in energie rinnovabili e moderne, sicure per i cittadini e per l’ambiente. È a questo proposito che il professore ha parlato del controverso e criticato studio vulcanologico, Campi Flegrei Deep Drilling Project, finanziato dal Consorzio internazionale per le perforazioni a scopo scientifico (Icdp) ed altri organismi, tra cui la Comunità Europea, e seguito proprio dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
Anche in quel caso, il disappunto, le incertezze e le critiche si sono fatti sentire: quanto alto è il rischio derivante dalle perforazioni? Quali le ricadute, positive e negative, per la popolazione? Cosa succede se, durante le perforazioni, si incontra una sacca magmatica? C’è il pericolo di un’esplosione? Le domande, numerose e legittime, sono state accolte di buon grado dal professor Luongo, che ha immediatamente centrato il punto del problema: scarsa e cattiva comunicazione. «Se ci fosse stato un corretto rapporto tra società scientifica, mass media e cittadini, la paura, derivante dalla disinformazione e la deformazione delle informazioni stesse, non avrebbe preso il sopravvento, schiacciando il progetto». Si è di fronte, oggi, ad un rinnovamento del rapporto tra scienza e società civile? La divulgazione scientifica è entrata nelle case dei cittadini? Perché, a distanza di tempo dalla prima presentazione del progetto geologico, comunicare si rivela l’unico modo per farsi comprendere e rendere intellegibili, trasparenti, le scelte della scienza nei confronti della cittadinanza.
Laura Longo
fontewww.retesalvaguardiaterritorio.i