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Intervista a Pino Scotto 62 anni, il rock montese nel mondo.

Pino Scotto, la rabbia è energia!             Nel mestiere del rock o si muore o si impara. Io, a 62 anni, ho imparato a vivere. E a darmi una regolata…
Inutile spendere ulteriori presentazioni su un personaggio scomodo (fondato sul blues, irrobustito da centinaia di concerti e propagandato dai media) come Pino Scotto da Monte di Procida, classe 1949. Il variegato Codici Kappaò è il suo settimo album solista (dopo il diluvio metallico anni ’80 targato Vanadium e la bella, ma breve, avventura dei Fire Trails) oltreché lo spunto per una discussione socio-politico-musicale condotta dal vostro Rolling Stone nella penombra di un ormai già storico club meneghino, il Rock’n’Roll chez Stazione Centrale. Perché, come cantava Rino Gaetano in uno dei suoi ultimi brani, “io con la mia guerra voglio andare sempre avanti/ e costi quel che costi la vincerò non ci son santi”. Benvenuti, dunque, nella guerra di Pino. Che non sarà colta e snob come quella “deandreaiana” di Piero, ma resta pur sempre un gran bel armeggiare tra politica corrotta, codici etici finiti al tappeto, disillusione popolare e cocci aguzzi di bottiglia lasciati lungo il terreno a ferire i passi dei pavidi…

Sbaglio o sei passato dal velato sarcasmo di Buena Suerte del 2010 al cupo pessimismo sociale di Codici Kappaò?
“Esatto. Nel caso del mio precedente album il messaggio, più o meno, era: ‘Auguri, ragazzi… E mò so tutti cazzi vostri!’. In questo caso, invece, fin dalla copertina ho voluto far intendere come questo Paese sia stato letteralmente dissanguato di valori e di sostanza. Ormai vanno avanti solo i peggiori e non c’è più uno straccio che sia uno di meritocrazia. I fatti recenti della Lega di Bossi valgono più di qualsiasi altra mia spiegazione, no?”.

Beh, la notizia che Federico Pizzarotti, il candidato della lista Movimento Cinque Stelle promosso da Beppe Grillo, è diventato sindaco di Parma, può essere interpretata come una circostanza epocale…
“Apprezzo le battaglie civili che sta conducendo Beppe. La sua è stata una provocazione artistica che, con gli anni, è diventata un chiaro messaggio politico. La gente, fortunatamente, non ha più le fette di salame davanti agli occhi e quindi ha cominciato a votare in massa per i suoi candidati”.

Tu, dopo tanto protestare a destra e manca, hai mai pensato di fare il salto della barricata e schierarti in politica?
“No, non sarebbe proprio il caso…”.

Perché? Vuoi forse dire che ti vedi solo ed esclusivamente nelle vesti di cantante?
“Sinceramente quello diplomatico è un campo che non conosco granché bene! (ridacchia, N.d.R.) E poi, tra concerti, dischi, televisione, partecipazioni, interviste e show benefici, sto già facendo fin troppe cose a livello di, ehm, propaganda. Se devo gettarmi in un progetto nuovo, lo devo fare per bene e con la politica, boh, ho paura che avrei dei seri problemi di adattamento… Ragion per cui mi limito ad appoggiare Beppe Grillo, a raccogliere fondi con il mio progetto Rock for Belize e a suonare con Mario Riso e i suoi Rezophonic nella speranza di dissetare sempre di più il continente africano”.

Rock For Belize è un tema che merita più di un approfondimento…
“Sì, per ora abbiamo tenuto quattro concerti (di cui uno – registrato l’estate scorsa vicino ad Udine – appare nel Bonus-CD allegato allo stesso Codici Kappaò, N.d.R.) i cui incassi sono tutti devoluti, fino all’ultimo centesimo, a una Onlus che si occupa di costruire infrastrutture in Belize, Cambogia e altre aree sfortunate del mondo. Tutto ciò non sarebbe mai avvenuto senza l’impegno della dottoressa Caterina Vetro che, tra l’altro, a metà giugno volerà in Guatemala per dare una mano alla gente di Cobàn, una città poverissima”.

Qual è sarà l’obbiettivo in quel di Cobàn?
“Investire anche solo qualche migliaio di euro pur di sottrarre la sua gente a un destino fatto di stenti e cibo cercato nella spazzatura… Per un europeo una cifra del genere è perfino irrisoria, lo so, mentre in certe parti della Terra è utilissima per realizzare delle cose importanti. Forse addirittura per salvare delle vite”.

Che siano operazioni benefiche o semplici jam musicali, mi sembra che uno come Pino Scotto non soffra di solitudine ultimamente. Al tuo nuovo CD, giusto per la cronaca, partecipano: Edoardo Bennato, Aida Cooper, i Club Dogo, i The Fire e i Modena City Ramblers.
“Sai, dopo dieci lunghi anni passati con i Vanadium e un altro tentativo di mettere su una band ai tempi dei Fire Trails (lodevole combo a metà tra i Deep Purple, un certo tipo di metal classico e soluzioni progressive, N.d.R.) ho capito una volta per tutte che coabitare in un gruppo per me resta… un gran casino! (ride, N.d.R.) Ecco perché da un bel po’ di anni ho deciso di gestirmi gli album da solo, salvo poi chiamare alcuni miei colleghi che stimo ad aggiungere un po’ di pepe alla pietanza. Prendi il brano coi Modena City Ramblers – Funambolo Retrò – e prova a dirmi se in vita mia ho mai fatto una traccia del genere…”.

La cover del nuovo cd, Foto Stampa
Effettivamente è roba lontana anni luce da una seppur vaga idea di hard rock “scottiano”…
“Yeah, e non potrebbe essere che così! Il rock è una bestia strana: se non lo vesti con della stoffa nuova, prima o poi muore. Il mondo è pieno di fan che attendono con ansia l’ennesimo concerto nostalgico dei Bon Jovi o dei Mötley Crüe che, a cinquant’anni suonati, cantano ancora di andare a donne tutta la notte? Bene, allora io sono felicissimo di farmi da parte e collaborare con J-Ax, Club Dogo e Caparezza. È molto più appagante, credimi. Ci trovo un’energia fresca, differente”.

Tu nel tranello delle reunion non ci sei ancora cascato. E ritengo che, giunti a questo punto, non ci cadrai mai…
“Che senso avrebbe rimettere assieme i Vanadium nel 2012? D’accordo, eravamo un gruppo metal basilare per l’Italietta degli anni ’80, ma io a un certo punto ho preferito cantare in italiano e darmi maggiormente a generi come il blues o il puro rock’n’roll. Come potevo farlo restando in una band che pubblicava dischi tipo Metal Rock o Born To Fight? È stata una bella storia, ma ormai è sepolta da anni”.

Quest’anno compirai 63 primavere. Dimmi la verità: la voce l’hai mai curata e allenata a dovere?
“No, la voce è un dono di Dio: o ce l’hai o non ce l’hai, punto. Probabilmente finora sono stato una persona buona e Dio è stato magnanimo con me non facendomi perdere nemmeno una tonalità! (ridacchia, N.d.R.) Scherzi a parte, Robert Plant dei Led Zeppelin ha capito il trucchetto da tempo. Gli anni passano? E allora lui si fa scrivere dei brani più slow e melodici, adatti alle sue corde… David Coverdale e Ian Gillan, invece, sono patetici a inseguire il tempo che fu, sforzandosi su canoni hard rock che non possono più raggiungere. Glenn Hughes, invece, resta un grande. Un altro miracolato come me…”.

A livello di ecessi come ti comporti? Scommetto che il mondo della notte o dei concerti nei locali non sia diventato all’improvviso un posto per educande…
“Io dico sempre che, nel rock, o si muore… o s’impara! Io, da questo punto di vista, ho imparato a vivere e a darmi una regolata con ogni tipo di eccesso… (sorride, N.d.R.)”.

Tranne la rabbia…
“Ah, quella svanirà solamente il giorno in cui mi sarò arreso una volta per tutte. Qundi mai!”

Insomma, gira e rigira, siamo sempre lì, a quel “grido disperato di mille band”. Un tuo titolo del ’92 che io ho sempre trovato terribilmente profetico…
“Già, peccato che in questi vent’anni sia cambiato poco o nulla nel Belpaese. Le regole, per soppravvivere, a questo punto, restano solo tre: o arrabbiarsi, o arrendersi o cercare di sorridere alle cose belle della vita (che non sono poche). Diciamo che io sono molto esperto sia nella prima sia nella terza ipotesi”.

Quando se ne esce, Pino? Intendo per questa povera patria chiamata Italia…
“Per me ci vorranno almeno altri dieci anni per rimettere in piedi il Paese. Dieci anni e una classe dirigente totalmente nuova di zecca. Perciò tiriamoci su le maniche, facciamoci forza col rock’n’roll e smettiamola di credere una volta per tutte a certa gente che non smolla il posto manco se gli dai fuoco. Facciamo resistenza fin da ora che la purezza, da qualche parte, ci sta ancora…”.

Tra due anni saremo di nuovo a qui a parlare di un nuovo album di Pino Scotto?
“Sì… e a questo punto spero anche tra venti! (risate, N.d.R.)”.

tratto da www.rollingstone magazine.it intervista di Simone Sacco

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