Aziende dell’Asi monitorate dall’Arpac per rintracciare gli scarichi illegali che ingolferebbero il depuratore di Cuma. Le indagini sono state avviate ieri e dovranno essere concluse entro un mese, periodo di tempo necessario per consentire ai tecnici e agli agenti della Guardia forestale di verificare la funzionalità dei depuratori che le imprese hanno realizzato in proprio dopo la chiusura dell’impianto industriale, avvenuta nel ‘99 a causa della pestilenza che si innalzava dalle vasche. In pratica, per capire se le aziende scaricano secondo legge e, dove possibile, attivare un percorso di adeguamento delle strutture per evitare che si continui a inquinare il mare. E stato deciso nel corso dell’audizione promossa dalla Commissione regionale perle bonifiche e i siti smaltimento rifiuti, che si è svolta alla presenza dei rappresentanti di Arpac, Consorzio Asi, Cig, azienda costruttrice Iter, Commissariato depuratori area Casertana, e il Comune cli Monte di Procida. Assenti i rappresentanti di Giugliano. Che succede? Durante un sopralluogo a Cuma, la commissione rilevò che l’impianto non era a norma, cioè che continua a lavorare con impianti obsoleti o addirittura fermi e scarica anche direttamente a mare, e per giustificarsi i gestori puntarono l’indice contro i liquami industriali in arrivo dalla zona Asi di Giugliano, in particolare sui residui di distilleria, dal colore rosso. Così successivamente la commissione ha deciso di approfondire la questione. Prima un sopralluogo all’impianto ormai fermo da dodici anni per un feroce contenzioso tra la ditta costruttrice e il Consorzio Asi sul cattivo funzionamento; poi, si è deciso di approfondire la questione convocando gli imprenditori e 1’Arpac. «Siamo stati chiari – dice Antonio Amato, presidente della Commissione regionale per le bonifiche e i siti smaltimento rifiuti -. Ci interessa che non si sversi più direttamente in mare attraverso l’attivazione di un percorso virtuoso, nel rispetto dell’ambiente e della legge». L’approccio con i privati non è stato proprio sereno: le aziende che scaricano fuori tabelle rischiano la chiusura. «Non vogliamo crocifiggere i titolari delle aziende, a noi interessa scongiurare l’inquinamento del mare», ribadisce la vicepresidente Mafalda Amente. E gli imprenditori non si tirano indietro davanti alle visite calendarizzate per i prossimi tre mercoledì. «C’è massima collaborazione – dice il presidente degli industriali, Angelo Punzi -. Siamo stati i primi a chiedere la bonifica, anche delle acque, denunciando anche la presenza di 35 mila tonnellate di rifiuti ancora da rimuovere dopo lo sgombero dei rom». E ora che si parla di un nuovo sgombero, non si può far a meno di notare che i detriti delle baracche smantellate lo scorso aprile sono ancora al loro posto. Intanto, il tavolo è stato aggiornato dal presidente Antonio Amato al mese prossimo, appuntamento al quale i tecnici dovranno presentarsi con le relazioni sui controlli effettuati. Nell’area insistono 52 aziende, di cui solo 40 attive. Al momento, i controlli riguardano una dozzina di aziende, ma l’elenco non è ancora completo. In più, resta da verificare se opera ancora una distilleria, dalla quale potrebbero arrivare gli scarichi rossi notati a Cuma. Nel corso dell’audizione sono stati elencati anche i motivi per cui il mare è inquinato. «Seppure i depuratori funzionassero perfettamente, l’inquinamento ci sarebbe lo stesso – dice Paolo Massarotti, custode giudiziario depuratori area casertana -. Esistono problemi a monte relativi agli scarichi diretti dei comuni, agli scarichi abusivi e alle zone Asi.
fonte .IL MATTINO
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