Manovra d’Agosto. Stangata di circa 6.000,00 euro per
famiglia e l’ITALIA rischia comunque di fallire: perché?
Tempi durissimi per le famiglie italiane le due manovre di luglio ed agosto, cui il nostro governo è stato costretto ad emanare dopo la deflagrazione dei conti pubblici, ancora non mettono al sicuro uno degli stati più ricchi del Mondo: l’ITALIA potrebbe fallire.
E non è uno Scherzo!
Cerchiamo di capire come è potuto accadere tutto ciò.
Da circa un secolo il nostro “bel paese” per finanziare i servizi pubblici offerti ai cittadini (vale a dire: SANITÀ, scuola, ordine pubblico, strade, acquedotti, PENSIONI, etc. etc.) emette debito chiedendo soldi a prestito attraverso l’emissione dei famosi titoli di stato.
Questo perché, anno su anno, non siamo mai riusciti a pagare le spese statali con le entrate incassate dalle tasse e dagli altri balzelli che da sempre “torturano” il povero contribuente.
È un po’ come se una “piccola famiglia” per pagarsi le spese che sostiene (scuola per i figli, vestiario, alimenti, palestra, etc. etc.) non riuscendo a coprire tutti i costi con lo stipendio chiedesse (ogni anno per quasi un secolo!) un “piccolo prestito” alla Banca in modo da continuare a consumare quei beni a cui non vuole rinunciare.
Ma un piccolo debito ogni anno, dopo tanti anni, diventa un grande debito e la Banca dopo un po’ convoca la piccola famigliola e le chiede di rientrare, di dare maggiori garanzie oppure di avviare una procedura di pignoramento dei beni dichiarandone il Fallimento!
In quest’ultimo secolo i governi italiani – spesso con il silenzio assenso delle opposizioni – hanno agito proprio come la nostra famigliola, non solo non si sono preoccupati di ridurre il deficit di bilancio (differenza tra entrate ed uscite annuali), ma al contrario hanno utilizzato parte della spesa pubblica come strumento per ottenere il consenso elettorale o per favorire questo o quel gruppo di potere (Grandi Industrie, Sindacati, Corporazioni di Professionisti, etc. etc.) emettendo una gran quantità di titoli di stato.
Titoli che per la maggiore, oltre il 50%, sono stati acquistati da noi italiani (banche e
cittadini) e per il restante da organismi e risparmiatori stranieri.
Ad oggi il debito pubblico ammonta a (provate a pronunciarlo!?):
1.907.100.000.000,00 euro circa
(il debito pubblico in tempo reale)
questa montagna di debiti è pari ad oltre il 120% della ricchezza prodotta ogni anno dall’Italia (Prodotto Interno Lordo – PIL) e su ogni italiano (compreso i bambini) pesa un debito di
31.700,00 euro circa Pro-Capite
(contatore del debito pro-capite in tempo reale!)
Finché l’Italia sprecando una montagna di soldi comprometteva il futuro dei suoi cittadini senza intaccare lo sviluppo di altre nazioni virtuose come la Germania ed i paesi del Nord Europa, etc. etc. tutto bene, ma quando siamo entrati a far parte dell’Unione Europea e della moneta unica europea (euro) la musica è cambiata.
I paesi virtuosi vedono a rischio il loro futuro per effetto di debiti fatti da altre nazioni in primis l’ITALIA, la Grecia, Il Portogallo, l’irlanda e la Spagna (il cui acronimo PIGS – “porci” – si commenta da solo); per questo è iniziata un’attività di pressione sul nostro governo per obbligarci a fare quello che in 100 anni non si è mai fatto: tagliare le spese e portare il bilancio in pareggio entro il 2013 (significa far si che le entrate siano capaci di coprire tutte le uscite e non fare più debito da deficit).
A questo punto dopo mille rinvii nell’agosto scorso il Governo per ridurre il debito pubblico (così come chiesto dall’Europa) cosa fa, invece di tagliare le spese inutili e vendere il patrimonio dello stato vendibile, AUMENTA LE TASSE! Ha preferito dar vita ad una manovra che per il 65% si basa su maggiori entrate, quindi nuove tasse esplicite o implicite ed il resto (solo il 35%) sono tagli alla spesa (Manovra comprensibile se l’avesse prodotta un governo di centro-sinistra, ma un governo liberale che fa, da 17 anni, della riduzione della pressione fiscale la sua bandiera per la
crescita è inconcepibile! Ma questa è un’altra storia.)
L’impatto sulle famiglie italiane è drammatico.
La stangata è imponente. Infatti nel triennio 2011-2013, secondo i calcoli realizzati dalla Cgia di Mestre (Ass. Artigiani e piccole imprese), dovremmo recuperare 145,17 miliardi di euro.
Dividendo questo importo per i 25 milioni di famiglie italiane, ciascuna dovrà farsi carico di un importo medio complessivo di 5.766,00 euro!
Così suddivisi:
euro 113,00 per l’anno in corso;
euro 2.155,00 per il 2012;
euro 2.375,00 per il 2013. Anno in cui dovrà essere raggiunto il pareggio di bilancio.
Un esempio su tutti è dato dall’Aumento dell’iva dal 20 al 21%.
In Italia esistono tre tipi di aliquote al 4 al 10 e al 20%. Ai beni di prima necessità (pane, pomodori, giornali etc) si applicano le prime due aliquote (e non verranno toccate), tutti gli altri beni (dal frigorifero alle scarpe, dal profumo alla tovaglia, dalla tv alla chitarra, dal biglietto per il parco di divertimento all’iscrizione in palestra, fino alla parcella all’avvocato o all’affitto del garage) avranno un aumento dell’aliquota Iva ordinaria dal 20 al 21% il quale garantirà allo stato maggiori entrate per circa 4 miliardi ogni anno.
Più caro anche il pieno per l’auto. Con l’aumento dell’Iva – ha calcolato l’Unione Petrolifera – “il prezzo della benzina aumenterà di 1,2-1,3 centesimi al litro”.
Secondo il Codacons che ha realizzato un monitoraggio in dieci città italiane, i rincari produrranno un esborso pari ad altri 385 euro annui a famiglia”.
L’Iva italiana diventa così una delle più alte in Europa, dietro a Finlandia, 25%, Grecia e Portogallo, al 23% e al pari di Belgio e Irlanda.
L’intera manovra porterà la pressione fiscale in media al 44% il che significa al 55% per chi paga tutte le tasse, una situazione insostenibile e suicida (vedi fig. sotto).
Di questo passo si deprimono ulteriormente i consumi generando una ulteriore riduzione della ricchezza nazionale e provocando, in tal modo, la necessità di mettere mano ad una ulteriore manovra. Praticamente si genera un “circolo vizioso” da cui sarà difficile uscire.
“La nostra pressione fiscale è ai livelli dei paesi del Nord Europa solo che i nostri servizi pubblici, la nostra burocrazia si avvicinano di più ai paesi del Nord Africa!”
Tutto questo perché il Governo, come tutti i governi italiani dal dopoguerra ad oggi, non ha avuto il coraggio (e la forza) di affrontare una seria “Riforma Strutturale Del Paese” che dal mio punto di vista consiste in pochi ma chiari provvedimenti:
- Riforma delle pensioni: Aumentare l’età pensionabile in quanto è inconcepibile che negli ultimi 15 anni abbiamo pensionato oltre 4 milioni di cinquantenni, a danno dei loro figli che la pensione non la percepiranno nemmeno a 65 anni! Prima interveniamo e meglio sarà per tutti – qui mi rivolgo soprattutto ai sindacati troppo miopi su questo punto-. Ci siamo mai chiesti come mai la Germania sta ulteriormente innalzando l’età pensionabile a 67 anni e da noi importanti istituzioni sindacali come la CGIL discutano ancora sui 58 anni? RIDICOLO!
- Taglio della “Spesa Pubblica Improduttiva”: lo stato sciupa un mare di soldi, lo spreco si annida soprattutto nella pubblica amministrazione. Tremonti in questi anni ha tagliato in modo trasversale un po’ a tutti senza distinzione mentre è arrivato il momento di togliere a chi non produce e dare a chi è motore di sviluppo per il paese (ricerca, innovazione, università): es. tagliamo la marea di enti inutili per dare ai “centri di ricerca” più efficienti.
- Liberalizzazioni delle professioni e dei servizi pubblici locali: eliminare le barriere in entrata per i Medici, Notai, Farmacisti, Professori Universitari, etc. etc., sarebbe un passo importante verso una maggiore concorrenza che significa tariffe più basse per i cittadini. Liberalizzare i servizi locali, energia, trasporti, etc … in modo da abbattere le tariffe come è accaduto ad esempio nel settore della telefonia!
- Privatizzazione delle aziende pubbliche: lo stato e gli enti locali sono proprietario di una serie di società che vengono utilizzate soprattutto come contentino per i politici trombati e come serbatoio occupazionale per gli elettori clientelari. E’ arrivato il momento di mettere queste aziende sul mercato, vendere e fare cassa per il bene del paese.
- Riforma Fiscale: tagliare le tasse per stimolare la crescita, i quattro punti precedenti consentirebbero di recuperare un bel po’ di soldi che il governo dovrebbe utilizzare in parte per abbatte il mostruoso debito ed in parte per abbassare le tasse sul lavoro dipendente e sull’impresa!
Solo con provvedimenti di tale natura il paese sarà capace di abbinare ad una riduzione del debito una spinta seria per la crescita. Se ciò non sarà fatto a stretto giro sentiremo di nuove pressioni politiche della Germania, della BCE e dell’UE , il tempo sta per scadere:
o diventiamo un paese “maturo” capace di far pagare le tasse ai suoi cittadini (riducendo nello stesso tempo la pressione fiscale), capace di non sprecare risorse pubbliche (offrendo servizi efficienti), capace di liberare il paese dalle caste e dal “cancro” della burocrazia e dei veti incrociati, oppure potremmo scriverlo default, failure, fracaso, teip, vika, selhànì, ausfall, ma si leggerà comunque: FALLIMENTO!
Cristofaro Capuano
www.cristofarocapuano.it