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Continua il successo in Italia della "Scugnizza"montese ISABELLA MAVARO

C’ERA UNA VOLTA SCUGNIZZI … LA QUINTA GIORNATA DI NAPOLI. (di VERONICA MEDDI)

Continua il successo di C’ERA UNA VOLTA SCUGNIZZI il musical nel cui cast c’e anche la nostra Isabella Mavaro che sta coronando il suo sogno di cantante.

Al Teatro Sistina torna un grande musical italiano pluripremiato e amato da tutti, “C’era una volta…Scugnizzi”, dal 15 marzo al 3 aprile, presentato da Claudio e Tullio Mattone con musiche e testi di Claudio Mattone, drammaturgia di Claudio Mattone ed Enrico Vaime, scene curate da Bruno Garofalo, movimenti coreografici di Gino Landi ed i costumi di Silvia Polidori. La regia è di Claudio Mattone e Gino Landi.
Spettacolo dei records con circa 600 repliche e 600.000 spettatori. Il primo grande musical “neorealista” italiano con una grande attenzione al sociale e ai giovanissimi (‘e “ccriature” della canzone “Ajere”), che sono la grande e forse unica speranza per il futuro di una città bella e tormentata come Napoli.
Ci piace credere che Scugnizzi sia la risposta speranzosa e ottimistica al film di Roberto Rossellini Anno zero, dove Edmund, un bambino di 12 anni, solo, tra furtarelli, baratti e giochi con amici, si arrende ai problemi della vita e si suicida.
Ma ogni scugnizzo è come un gatto randagio che cerca invece la sopravvivenza, e maestro nel rappresentare tale concetto fu sempre Rossellini con il suo scugnizzo in Paisà.
Scugnizzi è un cult, amato dalla critica e da un pubblico di ogni età, un successo esplosivo in ogni teatro d’Italia.
È una storia semplice e popolare ambientata a Napoli, ma riconducibile ai ragazzi di tutte le città del mondo.
La storia colpisce per la sua semplicità e tutto ciò che è semplice arriva diretto e incide.
Due ragazzi, Saverio De Luca (Andrea Sannino) e Raffaele Capasso, “o russo” (Pierluigi Iorio), usciti dall’istituto di correzione per minori di Nisida, prendono strade diverse e si perdono di vista. Si ritrovano dopo venti anni. Saverio è un prete di strada che si dedica al volontariato ed in particolare al recupero dei ragazzi del quartiere cercando di appassionarli alla musica, Raffaele ‘o russo è un camorrista e quei ragazzi tende ad usarli come corrieri per i suoi loschi traffici. Tra i due nasce un conflitto di intenti e di personalità che si acuisce sempre di più, fino al punto che “’o russo”, incapace di affermare se stesso se non attraverso la violenza, arriverà ad uccidere Don Saverio. Ma quel suo gesto, che sul momento sembra una vittoria, segnerà in realtà la sua sconfitta. La morte di Saverio darà al gruppo dei ragazzi la forza di ribellarsi alla camorra e di lanciare contro di essa, attraverso la musica, un grido di dolore, disperato e liberatorio, che diventa il grido di disprezzo di tutta la città.
Il musical partenope-italiano ha vinto numerosissimi premi, il Premio ETI – Olimpici del Teatro come miglior musical, 2 David di Donatello alle musiche, Nastro d’Argento alle musiche, Globo d’Oro alle musiche, Ciak d’Oro alle musiche.
Sono le musiche infatti che raccontano, che drammatizzano, che a seconda della melodia, conducono il pubblico in una goliardica festa o a grandi drammi luttuosi.
I ragazzi scelti sono tutti di madrelingua campana per garantire una certa veridicità alla storia raccontata e inscenata.
E l’arte del recitare, ed è da sempre dimostrato, è già inscritta nel codice genetico dei napoletani.
“Napoletani e buffoni, pagliacci” asseriva affascinato da questo popolo dell’arte il grande Maestro Federico Fellini che non poteva fare a meno delle facce di questa magnifica gente in molti dei suoi film, capolavori.
L’arte del recitare veicola alla rappresentazione della sofferenza, della fame, della malattia, della gioia estrema. Migliaia di storie si possono leggere sulle facce di questo popolo che ghettizzato a volte, intrappola il sublime estetico sempre, e continua ad arrangiarsi nonostante tutto, nonostante i molti.
Quella che sembra rappresentare la “speranza” all’interno della drammaturgia, è al contempo la speranza per un futuro all’insegna dell’arte. E la “speranza” si materializza nell’umanità dei giovani attori-cantanti del cast: Angelo Iossa (‘o gigante), Antonio Guido (Tonino), Daniele Mango (Daniele), Carlo Vannini (Mimì), Giuseppe Madonna (Carmine), Carmine Granato (Angelo), Giovanni Quaranta (Eugenio), Fabio Villani (Fabio), Luna Di Domenico (Rosa), Veronica Simioli (Veronica), Mavi Gagliardi (Imma), Giusi Barone (Giusi), Isabella Mavaro (Isabella), Valeria De Cicco (Valeria), Anna Foria (Anna), Lorena Zinno (Nennella), Anthony Donadio (ballerino-albanese), Flavia Esposito (ballerina-albanese), Michele Maione (percussionista), Pippo Cangiano (commissario), Giorgio Romanelli (onorevole), Luicio Bastolla (direttore carcere).
Gli scugnizzi continuano a fare sì colore, ma in quei colori c’è inscritto tutto il loro codice genetico, umano e artistico. Sulle loro facce, un vero inno alla vita!
“Non dite nulla, tanto voi le parole le tenete scritte sulla faccia!” e con questa frase Don Saverio getta il seme della possibilità del riscatto all’insegna di una dignità da sempre loro negata.
Scugnizzi funziona nel suo essere “favola” grazie ad un doppio intreccio.
Scugnizzi è l’opportunità di fare teatro per giovani aspiranti teatranti, una scuola d’arte imparata facendo. L’amore per questo mestiere era tangibile sulle facce dei giovani, un sogno ad occhi aperti che per mantenere vivo richiederà certamente tanto impegno, e perché no, tanta fortuna! Scugnizzi è inoltre la favola del riscatto e dell’affermazione della propria esistenza. L’esserci e nel giusto modo.
Il cattivo, ‘o russo, interpretato magistralmente da Pierluigi Iorio, è infatti ridicolizzato con l’appellativo “n’omm’ ‘e merda”. Ma si intravede un rischio dietro l’angolo per la realizzazione del morale obiettivo Mattone; Iorio è impeccabile sia come presenza scenica che come superiorità artistica, il più credibile e indubbiamente il più carismatico. Si rischia che il cattivo, ancora una volta, risulti più affascinante del semplice Don Saverio interpretato da Andrea Sannino che pur non essendo adatto al ruolo, e probabilmente per un fattore determinante nel teatro, le phisique du rôle, risulta comunque un performer con una bellissima voce e la gioia nel cuore, elemento che accomuna la coralità tutta degli attori-cantanti.
C’era una volta…
anzi c’è ancora e si spera per sempre nel pensiero e nell’etica comune dei giovani artisti e non … SCUGNIZZI.

Veronica Meddi

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