Rischio vulcanico e piani di sicurezza nell’area del bradisismo flegreo. Gli obiettivi della ricerca scientifica coniugati con la necessità di salvaguardare i diritti dei trecentomila abitanti che affollano il comprensorio, dalla periferia occidentale del capoluogo ai confini della penisola cumana. Temi sempre più di attualità negli ultimi mesi, per le polemiche suscitate da un progetto internazionale di perforazione del sottosuolo di Pozzuoli. Dopo i giorni drammatici dell’emergenza che provocò l’esodo dal centro antico puteolano, sul finire dell’83, non è stato possibile definire un piano di sicurezza per difendersi dai rischi delle scosse e di una ipotetica eruzione. L’idea di scavare un tunnel a Bagnoli, per sondare le potenzialità geotermiche della zona, ha scatenato perciò contrasti all’interno della comunità scientifica e delle realtà locali. Sotto accusa un progetto che, secondo alcuni, potrebbe addirittura provocare il risveglio «del vulcano che dorme». Tesi contestata dai rappresentanti di prestigiose strutture scientifiche mondiali. Di qui le iniziative del consiglio circoscrizionale, degli ambientalisti, di un comitato popolare per la difesa dal rischio vulcanico nell’area flegrea. Geofisici, amministratori pubblici, ambientalisti insieme per mobilitare le istituzioni sulla necessità di alzare i livelli di guardia contro i rischi di emergenza ambientale. Nell’auditorium del centro regionale Pico, in via Terracina, assemblea aperta ieri pomeriggio, per fare il punto sui tempi della ricerca, in attesa delle risposte che dovrebbero arrivare dalla Protezione Civile e dalle istituzioni locali. Con il direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Marcello Martini, i vulcanologi Giuseppe Luongo, Benedetto De Vivo, Giuseppe Rolandi, Pino De Natale, coordinatore del progetto internazionale «Campi Flegrei Deep drilling project». In attesa del piano di sicurezza ormai da più di vent’anni allo studio per la salvaguardia del territorio, sono state ribadite le perplessità per l’avvio della perforazione che dall’area di Bagnolifutura dovrebbe scavare un tunnel sperimentale di cinquecento metri al di sotto del golfo puteolano. «Più che altro appare incomprensibile la scelta del luogo, in una zona ad alta densità demografica, nel cuore della città», ha ribadito il professor De Vivo, ordinario di Geochimica Ambientale nell’università Federico II. Ma De Natale e Martini hanno difeso le ragioni della ricerca, approvata dall’intera comunità scientifica internazionale e promossa per migliorare ulteriormente il sofisticato impianto di sorveglianza nell’area del bradisismo. Quanto ai piani di sicurezza (cominciando dal potenziamento delle vie di fuga e da una diversa impostazione della politica urbanistica locale), il professor Giuseppe Luongo ha denunciato le conseguenze di ulteriori ritardi. «All’indomani della crisi che provocò la fuga da Pozzuoli, fu preparato un piano di sicurezza, che però si dissolse prima ancora di essere presentato», ha detto l’ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano. «Furono stampati persino i vademecum per la popolazione. Poi non se ne fece più nulla». Nel dibattito è anche intervenuto Francesco Santojanni, esperto di Disaster management. Clelia Modesti e Giuseppe Gristoforoni, promotori dell’iniziativa hanno sollecitato l’istituzione di un tavolo comune di concertazione fra i rappresentanti delle diverse realtà territoriali. Nei prossimi giorni sarà anche chiesto un confronto con la Protezione Civile.
fonte FRANCO MANCUSI da IL MATTINO