Elisabetta Froncillo Bacoli. Strade impervie, in salita, strette. Auto parcheggiate lungo un vialetto che dal centro cittadino, dalla chiesa di Sant’Anna accompagna il visitatore verso il punto più alto. Difficile da raggiungere. Eppure la cartellonistica suggerisce di andare avanti per arrivare a una meta di importanza culturale e storica senza pari. Uno dei siti più grandi fra quelli arrivati fino a noi dall’epoca dell’impero romano. Ma che rischia di scomparire per sempre. Indebolito da duemila anni di esposizione alle piogge e al vento. Sgretolato dalla stessa incuria che da tempo lo ha condannato a rimanere chiuso dietro una cancellata, inaccessibile a chiunque voglia vederlo. Così è ridotta Cento Camerelle, l’imponente complesso di cisterne conosciuto anche come «Prigioni di Nerone»: i passaggi molti stretti che lo compongono sembrano celle per detenuti, invece sono comparti creati dai romani per incamerare acqua. Si tratta di strutture costruite tra l’età tardo-repubblicana e il I secolo d.C., funzionali a una delle tante grandiose ville della costa baiana. In realtà una cisterna molto particolare, formata da quattro comparti sovrapposti fra loro. Uno di questi, al livello del mare, oggi è quasi del tutto scomparso; tra il secondo e il terzo livello anni fa ci fu un crollo, ma nessun intervento è mai stato effettuato per rendere nuovamente utilizzabile l’intero complesso. L’unico corridoio attualmente percorribile è quello di destra, costituito da piccoli ambienti a copertura piana o spiovente direttamente scavati nel tufo. Il corridoio si apre con una vista suggestiva sul paesaggio marino antistante. La struttura posteriore, situata ad un livello superiore di circa sei metri, ha orientamento diverso rispetto alla sottostante. È costituita da un’ampia cisterna divisa in quattro navate, scandite da pilastri che sostengono volte a botte. Il vano è scavato nel tufo fino a 2 metri, e foderato di muratura con paramento in opera reticolata e ammorsature in tufelli, conservante ancora parte del cocciopesti idraulico di rivestimento. Al centro di ogni volta si apre un pozzetto quadrato con pareti in mattoni sesquipedali. Questo capolavoro di architettura e ingegneria romana è però chiuso: un robusto catenaccio blocca il cancello da circa tre anni. In attesa di lavori che ne migliorino le condizioni di staticità. E che non sono mai cominciati, né lo saranno a breve scadenza. Ma le cose precedentemente non andavano meglio. Infatti il sito non ha mai avuto un servizio di custodia vero, né tantomeno uno di accoglienza. In passato c’era un’anziana «assuntrice» di custodia, una signora che viveva a due passi dalle cisterne. A lei dovevano rivolgersi i turisti che arrivavano per poter ammirare la meraviglia degli antichi. Come accade tuttora nella vicina Piscina Mirabilis. Tutto, fin quando la custode aveva le chiavi, era in ordine. Niente erbacce o rifiuti sparsi. Ora, raccontano delle famiglie che vivono nelle case affacciate nel giardino delle Cento Camerelle, di tanto in tanto viene mandato qualcuno della Soprintendenza a ripulire. Ma nulla di più. Cento Camerelle resta chiusa in attesa di lavori. È necessario, per cominciare, risolvere un problema legato a un quadro elettrico mal funzionante. Ma soprattutto incombono serissimi problemi strutturali. Eppure l’intonaco di coccio pesto potrebbe venir giù, proprio per la mancata manutenzione. Lo Stato non ha mai finanziato il restauro richiesto dalla Soprintendenza. E questo ritardo, questo silenzio, lascia un sito chiuso. Cisterne millenarie che le generazioni future forse non conosceranno mai, se non dai libri. Sono in piedi da ben duemila anni e hanno resistito ai bombardamenti e al bradisismo. Attualmente l’unica realtà è che non possono essere visitati dopo che si verificò il cedimento di un intonaco: sintomo di una condizione di degrado che in mancanza di interventi rischia di riguardare l’intera struttura. Eppure numerosi residenti, persone che intorno al sito vivono da tempo, convinti che il sito sia in realtà agibile, e che resti chiuso per un altro motivo: la mancanza di personale. Sono tante le associazioni che invocano la riapertura, e che si dicono pronte a rivalorizzare l’intero territorio. Tra queste spicca Misenum, convenzionata con la Soprintendenza, che autofinanziandosi provvede da dodici anni alla promozione del territorio, attraverso visite guidate e presenza in siti come la Dragonara, la Piscina Mirabilis, il Sacello degli Augustali e il Teatro Romano.
fonte IL MATTINO Elisabetta Froncillo