Il “Campi Flegrei Deep Drilling Project” è un progetto composto da ricercatori della sezione napoletana dell’INGV e coinvolge altre istituzioni scientifiche nazionali e internazionali di grande prestigio.
L’obiettivo del progetto è quello di sfruttare il sottosuolo dei Campi Flegrei come serbatoio termico per dare energia alla popolazione mediante una perforazione profonda quattro km per raggiungere i liquidi geotermici ad alta temperatura, fino a 500 gradi centigradi, utilizzabili per produrre energia elettrica e riscaldamento domestico, ma anche per capire i meccanismi di funzionamento di uno dei vulcani attivi più temibili d’Europa.
A partire da dicembre, o al massimo da gennaio, si procederà a perforare il suolo in sette punti per individuare le zone di frattura e le sacche di magma, e soprattutto per capire dove il magma potrebbe eventualmente risalire. Un primo pozzo esplorativo inizierà nell’area dell’acciaieria dimessa di Bagnoli e, dopo aver raggiunto una profondità di 1700 metri, devierà sotto il Golfo di Pozzuoli, per raggiungere una profondità finale di 4 km al centro della caldera.
Il timore di un’eruzione provocata involontariamente dagli stessi scienziati non è del tutto infondato. Gli incidenti durante le perforazioni scientifiche non sono rari.
Alle Hawaii nel 2005, per esempio. E ancora nel giugno scorso in Islanda, quando lo scavo arrivò a 2104 metri e il liquido del perforatore venne vaporizzato incontrando il magma, esplodendo.
Succede, insomma. Ma… una vera e propria eruzione? Possibile? Per la verità l’incontro con una grossa camera magmatica ad alta pressione potrebbe, in teoria, scatenare un evento devastante. Solo in teoria, però. Perché i geologi impegnati sui campi Flegrei ammettono che sì, un rischio c’è, ma è molto modesto. E spiegano che 4 chilometri di buco sembrano tanti, ma in effetti sono solo la metà della distanza fra la superficie e la camera magmatica conosciuta più superficiale.
Speriamo bene.
http://plus.cdt.ch/eureka/terra/14623/un-vulcano-in-citta.html