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Il momento … è buono?

Sarebbe bello poter dire: “sono contro la guerra”.
E basta.
Sarebbe bello, dopo aver detto una ovvietà del genere (ma davvero è una ovvietà?), che messuno ci chiedesse: “Quale guerra”?
Già, questo è il rischio concreto. Anzi, … è proprio una eventualità da mettere in conto, … come fosse cosa normalissima e scontata.
Figuriamoci, poi, quando a dire che sono contro la guerra è una persona impegnata in attività pubbliche (politiche, economiche, sociali o anche solo religiose)!!Ad ogni occasione (Palestina, Iraq, Kossovo, Cecenia, Bosnia, Afganistan, Somalia, Mozambico, India, Cylon …) c’è sempre qualcuno che pretende di vedere nella “tua” scelta pacifista una motivazione sotterranea.
Trovi sempre, immancabilmente, l’amico o il conoscente, che scettico ti chiede spiegazioni … volte a scoprire il recondito motivo della tuo modo di pensare.
Allora ti convinci che hanno ragione i qualunquisti quando ti dicono: “Ma perchè ci pensi ora alla guerra”? E “perchè non ci hai pensato in occasione della tal altra guerra o di quella che era tanto più vicina o tanto più lontana”?

In questo momento di finta pace, quindi, penso che per me diventi opportuno (e mi sia finalmente consentito) aprire un discorso, che, per numerosissime cause (che s’intrecciano e che rischiano di non sciogliersi mai) è stato tante volte inibito a molte persone (me compreso!).
Mi accingo, pertanto, a trattarne con un certo sollievo e con la speranza che nessuno pretenda di dover capire (almeno stavolta) “a cosa vuole andare a parare Antonino“.
E allora, prima di incominciare a riportare in questo sito notizie e dati di fonte ineccepibile ed inattaccabile, desidero sgomberare il campo dai possibili equivoci: la mia iniziativa, oltre a proporsi di promuovere un dibattito (non strumentale e non strumentalizzabile), impone che io stesso proponga pubblicamente la mia personale autocritica, per avere in altra occasione sottovalutato elementi e dati di fatto che invece avrebbero dovuto impegnarmi in una maggiore riflessione.

Vengo al dunque, quindi, e passo a riportare alcuni elementi e riflessioni che traggo da una pubblicazione dell’UNICEF (il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia).

“La violenza della guerra ha attraversato ogni epoca e macchiato ogni civiltà, con una tale costanza che per molti secoli la storia degli uomini ha coinciso quasi esclusivamente con il corso delle vicende belliche.
“Cosciente da sempre della propria potenza distruttrice l’uomo ha stabilito nei secoli una serie di condizioni, che avevano lo scopo di delimitare la pratica della violenza bellica.
“Fra di esse spicca l’esclusione dei bambini dal coinvolgimento diretto nelle guerre: una norma tendenzialmente rispettata, la cui violazione è sempre stata condannate con unanime orrore.
“Eppure è proprio nell’età del massimo sviluppo tecnologico che la guerra ha assunto il suo volto più barbaro.
“Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ad oggi il mondo ha assistito a quasi duecento conflitti armati il cui prezzo in vite umane e sofferenze di ogni genere è stato quasi interamente pagato da chi non indossava alcuna divisa: donne, anziani e, soprattutto, bambini.
Nelle guerre odierne il novanta per cento delle vittime è rappresentato da civili. Oggi il modo più sicuro per uscire vivi da un conflitto è quello di essere un soldato in armi, mentre i rischi maggiori di essere ferito o ucciso li corre chi non ha alcun mezzo per difendersi.
“Per questo i dirigenti e gli operatori UNICEF affermano che qualsiasi guerra è una guerra combattuta contro i bambini.”

Antonino Gnolfo
Presidente del Consiglio Comunale

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